Vaccinarsi con un cerotto applicato sulla pelle potrebbe avere alcuni importanti vantaggi rispetto alla vaccinazione effettuata con la tradizionale iniezione.
È quanto emerso da un recente studio – condotto dai ricercatori dell’Università del Queensland in collaborazione con i colleghi dell’Università del Texas – pubblicato di recente su Science Advances.
Il cerotto permetterebbe di somministrare attraverso la cute un principio attivo – Hexapro – basato su una versione modificata della proteina virale Spike.
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I vantaggi della vaccinazione mediante cerotto cutaneo
Uno dei principali vantaggi che si otterrebbe dalla vaccinazione con il cerotto – anche dopo una sola dose di vaccino cutaneo – sarebbe legato alla quantità di anticorpi, “significativamente più alti” – hanno affermato i ricercatori – rispetto a quelli ottenuti tramite iniezione tradizionale. Dopo due dosi di vaccino somministrato con cerotto cutaneo, gli studiosi hanno osservato che gli anticorpi nei topi erano addirittura 40 volte più alti rispetto a quelli ottenuti dalla somministrazione tradizionale mediante ago.
Perché con il cerotto ci sarebbe una maggiore risposta immunitaria
“I vaccini vengono normalmente iniettati nei nostri muscoli – ha affermato David Muller, virologo dell’Università del Queensland e coautore dello studio – ma il tessuto muscolare non contiene molte cellule immunitarie necessarie per reagire al farmaco”.
La forte risposta immunitaria, dunque, dipenderebbe dal fatto che la nostra pelle è “piena di cellule immunitarie”, ben più di quanto lo sia l’usuale tessuto muscolare sede della tradizionale iniezione anti-Covid.
Non solo. La ragione andrebbe ricercatata anche nella tecnologia usata per creare lo speciale cerotto. Quello ideato da Muller e colleghi, infatti, ha integrato in un solo centimetro quadrato oltre 5.000 punte microscopiche, microaghi “così minuscoli da essere di fatto invisibili”, ha spiegato Muller. Proprio questa miriade di aghi microscopici – ha precisato lo studioso – “causano la morte cutanea localizzata e questa avvisa il corpo dell’esistenza di un problema, innescando così una maggiore risposta immunitaria”.
Con il cerotto servirebbe una minore quantità di vaccino
Un altro vantaggio che si potrebbe ottenere dalla somministrazione del vaccino anti-Covid attraverso questo cerotto sarebbe la minore quantità di dosi di vaccino rispetto a quella necessaria con la tradizionale iniezione intramuscolare: “Una risposta immunitaria simile all’iniezione intramuscolare può essere ottenuta somministrando sulla pelle una quantità di vaccino inferiore”, ha dichiarato al proposito Burak Ozdoganlar, un professore di Ingegneria alla Carnegie Mellon University (non coinvolto nello studio) che lavora da circa quindici anni al perfezionamento di tecnologie per la somministrazione di vaccini mediante cerotti.
Una minore quantità di dosi di vaccini significherebbe, ovviamente, poter immunizzare più velocemente una parte maggiore della popolazione mondiale, condizione essenziale innanzitutto per l’uguaglianza e la parità di accesso alle cure e – a quanto pare – anche per ottenere uno stop reale e definitivo alla diffusione della pandemia.
Una distribuzione più facile anche nei Paesi poveri
Infine, ci sarebbe il vantaggio, non da poco, di agevolare il processo di distribuzione delle dosi, soprattutto in quei territori – quali i Paesi in via di sviluppo – dove le risorse necessarie alla conservazione del vaccino sono quasi sempre insufficienti a garantire un’opportuna gestione della catena del freddo: “Volevamo trovare un’alternativa che sarebbe risultata stabile abbastanza a lungo, specialmente in ambienti con risorse limitate” – ha affermato al proposito David Muller. E, in tal senso, i risultati pare siano stati confortanti. Gli autori dello studio – infatti – hanno affermato che “dopo l’applicazione sul cerotto, il vaccino è sembrato essere stabile a temperatura ambiente fino a un mese.
I vaccini anti-Covid Moderna e Pfizer, invece, alla stessa temperatura, sono rimasti stabili da due ore a una settimana”.
Una minore esitazione vaccinale
Da sottolineare, infine, come una vaccinazione mediante cerotto potrebbe convincere un maggior numero di persone ad aderire alla campagna vaccinale, la cui esitazione è spesso dovuta alla cosiddetta “paura dell’ago”.
Uno studio dell’Università di Oxford – infatti – ha individuato proprio nella paura delle iniezioni e nella fobia del sangue una delle principali ragioni dell’esitazione vaccinale, timore riscontrato in circa il 26% del campione di oltre 15.000 persone. In tali soggetti, la probabilità di esitazione è risultata doppia rispetto a quella di chi non aveva questo tipo di paure.
E – al contrario di ciò che si potrebbe ritenere – questa paura dell’ago non è affatto riferita ai bambini. Il campione dell’Università di Oxford – infatti – era costituito interamente da soggetti adulti.
Effettuare la vaccinazione mediante un semplice cerotto sarebbe, evidentemente, una maniera efficace per avvicinare una parte delle persone titubanti all’idea della vaccinazione in genere e non solo, quindi, a quella specifica anti-Covid.
Il futuro del vaccino con il cerotto
Per ora, gli esperimenti dei ricercatori delle Università del Queensland e del Texas sono stati condotti soltanto sui topi.
Secondo gli autori dello studio, le prove sugli esseri umani inizieranno nel 2022.
Da sottolineare anche che tali esperimenti hanno funzionato contro le varianti Alfa e Beta, ma non sono stati ancora effettuati test contro la variante Delta.
Il cerotto che promette un futuro senza ago per le vaccinazioni anti-Covid – più semplici ed economiche per l’intera umanità – è stato creato nei laboratori dalla società australiana Vaxxas, ma anche altre due aziende americane (Micron Biomedical e Vaxess) sono già in gara per la produzione.
In particolare, Vaxess sta lavorando su un modello di cerotto leggermente diverso da quello prodotto da Vaxxas: solo 121 microaghi per l’erogazione del vaccino contro i 5000 del cerotto ideato dal team di Muller.
Una riduzione possibile, secondo Vaxess, grazie alla realizzazione dei microaghi con speciali polimeri biocompatibili che ne permetterebbero la dissoluzione nella pelle.