L’analisi del sudore è considerata ormai da tempo una metodologia promettente per la diagnosi di molte malattie, ad esempio per misurare i livelli di glucosio nei pazienti diabetici.
Tale misurazione, potenzialmente, può essere eseguita applicando sulla pelle un cerotto capace di analizzare il sudore.
Uno dei problemi di fronte al quale si trovano i ricercatori in questi casi, però, è raccogliere abbastanza sudore per effettuarne correttamente l’analisi.
- Leggi anche l’approfondimento sulle nuove tecnologie per il monitoraggio della glicemia
Indice degli argomenti
Il cerotto che s’ispira alla Natura
Per superare tale problema, un team di ricercatori della Pohang University of Science & Technology (POSTECH) – in Corea del Sud – ha creato un dispositivo per la raccolta del sudore ispirandosi alla Natura, in particolare alle spine del cactus.
Si tratta di un particolare cerotto che non necessita di alcuna fonte di alimentazione e – quindi – può essere utilizzato in tutta una serie di analisi biomediche tra le quali, appunto, il controllo e il monitoraggio della glicemia.
“Le difficoltà nella raccolta del sudore hanno ostacolato il suo utilizzo nei dispositivi sanitari indossabili” – ha affermato il professor Kilwon Cho, il ricercatore che ha guidato lo studio e contribuito allo sviluppo del cerotto bioispiorato. “Questo cerotto di nuova concezione risolve questo problema raccogliendo rapidamente il sudore e facilitandone l’uso in vari dispositivi sanitari indossabili, incluso il monitoraggio della glicemia” – ha proseguito il professore della POSTECH.
Natura geniale: la capacità del cactus di sopravvivere nel deserto
Nello studio, pubblicato su Advanced Materials, i ricercatori spiegano di essersi ispirati ai cactus e alla loro capacità di sopravvivere in ambienti aridi trattenendo le goccioline d’acqua che si formano sulla punta delle loro spine e convogliandole lungo la spina dorsale. Tutto ciò, sfruttando il fenomeno fisico dovuto alla differenza di pressione che agisce all’interno e all’esterno della superficie curva delle gocce d’acqua che si posano sulle spine (pressione di Laplace).
I vantaggi del cerotto-cactus
Secondo i ricercatori dell’università coreana, questo cerotto è in grado di raccogliere il sudore sulla pelle in quantità e con velocità decisamente superiori ai metodi convenzionali di raccolta del sudore fin qui sviluppati. Tra gli altri vantaggi, quello di non costringere i pazienti a fare attività fisica per produrre una opportuna quantità di sudore e di non necessitare di alcuna fonte di alimentazione.
Non solo bioispirazione, ma anche nuove tecnologie e materiali
La ricerca di dispositivi non invasivi per il monitoraggio della glicemia attraverso il sudore – non effettuando prelievi di gocce di sangue e, quindi, evitando ai pazienti il fastidio di pungersi infilando piccoli aghi sotto la pelle – è in continuo fermento e si susseguono studi ed esperimenti in tale ambito.
È il caso di un nuovo dispositivo indossabile (prototipo) creato dai ricercatori della Penn State (Università della Pennsylvania).
Questa volta, a differenza dei colleghi coreani ispirati alla Natura, gli studiosi dell’università americana hanno sfruttato le proprietà combinate di alcuni materiali (grafene, nichel e oro).
In particolare, per catturare il sudore, i ricercatori della Penn State hanno pensato di basare il funzionamento del loro dispositivo usando il LIG (Laser-Induced Graphen).
Tale materiale – pur avendo tra i vantaggi un’elevata conduttività elettrica e garantendo un processo di fabbricazione rapido, efficace e a basso costo – ha però il problema, di non poco conto per l’obiettivo degli studiosi, di non essere sensibile al glucosio.
L’idea per ottenere la sensibilità al glucosio
“La sfida qui è che il LIG non è affatto sensibile al glucosio – ha affermato al proposito Huanyu “Larry” Cheng, Professore presso il Dipartimento di Ingegneria di Scienza e Meccanica della Penn State. Quindi – ha aggiunto lo studioso – avevamo bisogno di depositare sul LIG un materiale sensibile al glucosio “.
E i ricercatori dell’Università della Pennsylvania questo materiale, alla fine, lo hanno trovato: il nichel.
Al contrario del LIG, infatti, il nichel è molto sensibile al glucosio. Gli scienziati hanno allora pensato di distribuirne uno strato sulla superficie del LIG. E – per evitare possibili reazioni allergiche – hanno anche usato piccolissime particelle di oro combinandole al nichel.
I vantaggi rispetto ai sensori enzimatici
La sensibilità della lega nichel-oro ha permesso ai ricercatori della Penn State di non fare uso degli enzimi, spesso utilizzati nella misurazione del glucosio in dispositivi più invasivi già disponibili in commercio o in metodologie di misura non invasive della glicemia alla base di altri studi e ricerche nello stesso ambito.
Tali enzimi, infatti, hanno lo svantaggio di un rapido degrado nel tempo della loro efficacia e di essere molto sensibili alle variazioni di temperatura.
“Un sensore enzimatico deve essere mantenuto a una certa temperatura e pH e l’enzima non può essere conservato a lungo termine – ha detto al proposito Cheng. Un sensore di glucosio non enzimatico, al contrario, è vantaggioso in termini di prestazioni stabili e di sensibilità al glucosio poiché indipendente dalle variazioni di questi fattori”.
I ricercatori della Penn State in laboratorio mentre testano il loro prototipo di sensore indossabile (fonte: Penn State)
Applicazioni, aspettative e futuro della ricerca
I ricercatori della Penn State hanno intenzione di migliorare il loro prototipo in molti ambiti.
Tra le applicazioni future, non solo il monitoraggio continuo della glicemia ma anche il trattamento stesso della patologia diabetica attraverso la somministrazione di insulina e, più in generale, l’individuazione e la diagnosi di malattie attraverso parametri biochimici anche in presenza di piccole concentrazioni di sudore.
“Vogliamo lavorare con medici e altri operatori sanitari per vedere come possiamo applicare questa tecnologia per il monitoraggio quotidiano di un paziente – ha affermato Cheng. Questo sensore di glucosio serve come esempio fondamentale per dimostrare che possiamo migliorare il rilevamento dei biomarcatori nel sudore a concentrazioni estremamente basse”.
La speranza è che questo sudore – è davvero il caso di dirlo – profuso dagli scienziati e ricercatori di tutto il mondo nei loro studi dedicati alle tecnologie diagnostiche non invasive mediante sensori wearable – possa portare al più presto alla commercializzazione di dispositivi (indossabili, e non solo) non invasivi, realmente efficaci e pienamente affidabili, capaci di migliorare concretamente la qualità della vita di tantissimi pazienti – tra i quali i diabetici – che devono fare i conti tutti i giorni con i fastidi e le problematiche – anche di ordine pratico – creati dalla loro particolare condizione clinica.