In futuro, è ipotizzabile che i cardiologi potranno cogliere informazioni, nascoste ai sensi umani, capaci di predizioni di eventi cardiaci.
È quanto hanno spiegato, qui su HealthTech360, Riccardo De Gobbi e Giampaolo Collecchia – medici di Medicina Generale e autori del libro “Intelligenza Artificiale e Medica Digitale: una guida critica”, nel loro contributo scientifico “L’intelligenza artificiale applicata alla medicina: potenzialità, limiti e rischi”.
E quel futuro, in cui l’Intelligenza Artificiale sembra destinata a giocare un ruolo fondamentale nella predizione degli eventi cardiaci, a quanto pare è sempre più vicino.
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L’Intelligenza Artificiale può prevedere l’infarto
La buona notizia arriva da un ospedale di West Hollywood, in California. I ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center, infatti, hanno messo a punto una tecnica basata sull’Intelligenza Artificiale che è riuscita a prevedere con precisione quali pazienti avrebbero subito un infarto entro cinque anni.
E ciò, in base alla quantità e alla composizione della placca nelle arterie che forniscono sangue al cuore.
“La placca coronarica spesso non viene misurata perché non esiste un modo completamente automatizzato per farlo”, ha affermato a tal proposito Damini Dey, PhD, professore di Scienze Biomediche e direttore del laboratorio di analisi quantitativa delle immagini presso il Biomedical Imaging Research Institute di Cedars-Sinai e autore senior dello studio. Quando viene misurata – ha proseguito – un esperto impiega dai 25 ai 30 minuti, ma ora possiamo utilizzare questo programma per quantificare la placca dalle immagini CTA in 5 o 6 secondi“.
Lo studio, pubblicato su The Lancet Digital Health, pur con le cautele del caso, offre prospettive incoraggianti per la predizione e, dunque, per la possibile prevenzione, dell’infarto: “Sono necessari ulteriori studi, ma è possibile che potremmo essere in grado di prevedere se e quanto presto è probabile che una persona abbia un infarto in base alla quantità e alla composizione della placca rilevata”, ha affermato il professore e ricercatore del Cedars-Sinai.
Intelligenza Artificiale e infarto: gli studi in Italia
Ma c’è anche l’Italia (eccome) nella ricerca scientifica e universitaria che tenta di usare l’Intelligenza Artificiale per prevedere e, si spera, prevenire la possibilità di un nuovo infarto.
In questo caso, è protagonista una ricerca coordinata dalla Cardiologia universitaria dell’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (diretta dal professor Gaetano Maria De Ferrari), condotta assieme al Dipartimento di Informatica dell’Università di Torino ed a quello di Meccanica e Aerospaziale del Politecnico di Torino.
“Lo studio, grazie al quale ora possiamo curare meglio i nostri pazienti – ha spiegato De Ferrari – è una dimostrazione fortissima delle possibilità dell’Intelligenza Artificiale in Medicina“.
Gli autori della ricerca – hanno fatto sapere dall’Università di Torino annunciando la pubblicazione dello studio su The Lancet – “hanno utilizzato quell’approccio dell’Intelligenza Artificiale chiamato machine learning o di apprendimento automatico, secondo il quale i computer imparano progressivamente dai dati che vengono loro forniti migliorando sempre più le loro capacità predittive ed individuando correlazioni. In questo caso, il risultato è stato la creazione di un nuovo sistema di classificazione del rischio di eventi futuri nei pazienti dopo un infarto“.
AI e machine learning per definire la strategia dopo l’infarto
“I pazienti con infarto miocardico acuto – ha spiegato il dottor Fabrizio D’Ascenzo, coordinatore dello studio – sono ad altissimo rischio nei primi due anni sia di una recidiva di infarto sia di sanguinamenti maggiori legati ai farmaci che mantengono il sangue ‘più fluido’, come la cardioaspirina. La decisione sulla terapia migliore deve bilanciare questi due rischi, cosa che il cardiologo fa basandosi sulla propria esperienza e sul suo intuito clinico, aiutato da dei punteggi di rischio. Tuttavia, questi punteggi sono poco precisi e, pertanto, di modesto aiuto anche per un cardiologo esperto. Abbiamo perciò cercato di migliorare la situazione utilizzando dati clinici riguardanti 23.000 pazienti, molti dei quali raccolti in Piemonte, che hanno fornito la massa critica di informazioni per la nostra ricerca”.
“I dati – ha spiegato Marco Aldinucci, docente di Informatica presso UniTo – sono stati analizzati con algoritmi di machine learning che usano, pertanto, metodi matematico-computazionali per apprendere informazioni direttamente dai dati, senza il bisogno di conoscere nulla a priori sulle possibili relazioni tra i dati stessi”.
I passi in avanti dell’AI rispetto all’approccio tradizionale
“La differenza trovata tra l’approccio precedente basato sull’analisi statistica tradizionale e questo, basato sull’Intelligenza Artificiale, è stata davvero importante – hanno spiegato dall’Università di Torino. Mentre la precisione dei migliori punteggi disponibili per identificare la possibilità di un evento come un nuovo infarto o un sanguinamento si aggira intorno al 70%, la precisione di questo nuovo punteggio di rischio si avvicina al 90%, riducendo statisticamente la possibilità di una non corretta diagnosi da tre a un solo paziente su dieci analizzati”.
Torino riferimento italiano per l’AI in Medicina?
E il professor Gaetano Maria De Ferrari ha spiegato perché essere entusiasti dei risultati ottenuti dalla ricerca da lui coordinata, individuando i seguenti tre motivi:
- Possiamo ora curare meglio i nostri pazienti, aggiungendo alla nostra esperienza clinica delle stime davvero precise del rischio cui vanno incontro
- Lo studio è una dimostrazione fortissima delle possibilità dell’Intelligenza Artificiale in Medicina e in Cardiologia in particolare
- Questo risultato, ottenuto in collaborazione tra Università e Politecnico, rafforza la scelta di Torino come sede dell’Istituto Italiano di Intelligenza Artificiale. In particolare, noi vorremmo candidarci ad un ruolo di riferimento italiano per l’intelligenza artificiale in Medicina e questa pubblicazione (The Lancet, ndr.) può contribuire a legittimare questa aspirazione.
L’AI sempre più essenziale per la qualità della vita
“La nuova frontiera scientifica che coniuga l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale alla diagnostica in Medicina è in grado di migliorare come mai prima d’ora la cura di patologie importanti e, più in generale, la qualità di vita di tante persone colpite da patologie gravemente invalidanti”, ha dichiarato a proposito di questa ricerca Stefano Geuna, Rettore dell’Università di Torino.
Intelligenza Artificiale che, come noto, spazia ormai in molti settori e industry, ma è proprio in ambito Salute che diventa sempre più imprescindibile e promette i suoi migliori risultati e quelli più utili al benessere collettivo e alla qualità della vita:
“L’eccellente risultato prodotto da questa ricerca – ha affermato Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino – dimostra ancora una volta la molteplicità e la trasversalità delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale, che ormai spazia in tutti i settori di punta della nostra economia, dall’automotive alla manifattura, all’industria del lusso e molti altri ambiti, come appunto quello della Salute, dove sta diventando sempre più essenziale”.
Grazie all’AI, l’oculista diventa cardiologo
Forse, un giorno non così lontano, scopriremo di essere potenzialmente a rischio infarto durante una usuale visita oculistica.
Una ricerca dell’Università di Leeds, infatti, dimostra a chiare lettere, qualora ve ne fosse ancora bisogno, quanto sia sempre più necessario un approccio olistico alla Salute e una piena collaborazione tra tutte le discipline scientifiche, tecnologiche e della Medicina.
Gli scienziati dell’Università di Leeds, infatti, hanno sviluppato un sistema di Intelligenza Artificiale in grado di analizzare le scansioni oculari eseguite durante una visita di routine presso una clinica oculistica o un ottico per identificare i pazienti ad alto rischio di infarto.
“I medici – hanno affermato dall’Università di Leeds – hanno scoperto che i cambiamenti ai minuscoli vasi sanguigni nella retina sono indicatori di una malattia vascolare più ampia, compresi i problemi al cuore. Nella ricerca, sono state utilizzate tecniche di deep learning per addestrare un sistema di Intelligenza Artificiale a leggere automaticamente le scansioni retiniche e identificare quelle persone che, nel corso dell’anno successivo, avrebbero avuto un infarto”.
AI e prevenzione infarto: le prospettive del nuovo approccio
ll professor Alex Frangi, a capo della Diamond Jubilee Chair in Computational Medicine presso la School of Computing dell’Università di Leeds e Turing Fellow presso l’Alan Turing Institute, che ha supervisionato la ricerca pubblicata su Nature, ha sottolineato l’importanza dell’uso dell’Intelligenza Artificiale nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e degli infarti e l’economicità di questo nuovo, possibile approccio:
“Le malattie cardiovascolari, compresi gli infarti – ha affermato – sono la principale causa di morte prematura nel mondo e il secondo più grande killer nel Regno Unito.
Questa tecnica – ha proseguito – apre la possibilità di rivoluzionare lo screening delle malattie cardiache. Le scansioni retiniche sono relativamente economiche e utilizzate di routine in molti studi ottici. Come risultato dello screening automatizzato, i pazienti ad alto rischio di ammalarsi potrebbero essere indirizzati a servizi cardiaci specialistici.
Il sistema – ha concluso – potrebbe anche essere utilizzato per tracciare i primi segni di malattie cardiache”.