Il dibattito sul payback dei dispositivi medici rimane vivo e di attualità.
Nonostante vadano segnalati alcuni interessanti sviluppi, la questione è ancora lontana da una soluzione definitiva.
Aggiornamento (Luglio 2023)
La più recente decisione governativa, datata 28 giugno 2023, è stata il via libera del Senato al Decreto Enti, che dedica alla Sanità uno spazio rilevante. Allo stato attuale, e in attesa di una decisione definitiva, la strategia del governo circa il payback consiste nel posticipare il termine ultimo per il pagamento della quota ridotta a carico delle aziende che non hanno attivato un contenzioso o intendano rinunciarvi.
Il Decreto Enti sposta il termine per il versamento dal 30 giugno (Decreto Bollette) al 31 luglio 2023.
Notizia più rilevante proviene invece dal TAR del Lazio, che lo scorso 27 giugno si è pronunciato sulle richieste di sospensiva del provvedimento avanzate da una decina di aziende coinvolte, accogliendole tutte indistintamente. Da questo si deduce che il Tribunale Amministrativo sia propenso ad accogliere tutte le istante a prescindere dalle dimensioni dell’azienda e dal livello di sofferenza economica che l’applicazione della norma provocherebbe loro. È lecito supporre che lo stesso metro di giudizio verrà applicato anche prossimamente, quando il tribunale esaminerà altre centinaia di richieste.
In ogni caso, il TAR sarà chiamato a una decisione definitiva sull’applicabilità del payback solo più avanti nel corso dell’anno.
La temperatura è altissima. Negli ultimi mesi, le imprese che forniscono agli ospedali i dispositivi (medici) di uso quotidiano sono scese ripetutamente in piazza per protestare contro una misura che potrebbe portarle rapidamente al fallimento.
Al momento, hanno incassato un rinvio dei pagamenti e uno sconto (importante) qualora rinuncino ai ricorsi già avviati. Ma non basta.
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Payback dispositivi medici: tutta la storia, in breve
La storia del payback dei dispositivi medici inizia formalmente nel 2011 e incontra sul suo percorso alcune tappe significative.
- d.l. 98/2011 (L. 111/2011)
Stabilisce che la spesa pubblica dei dispositivi medici debba rientrare in tetti stabiliti dai decreti ministeriali su base annua. In caso di sforamento, i ripiani sono a carico delle regioni
- d.l. 78/2015 (conv. in L. 125/2015)
In piena spending review, il governo Renzi introduce il concetto di payback sui dispositivi medici, replicando la fattispecie in essere in ambito farmaceutico.
L’art. 9-ter stabilisce che una parte dello sforamento del tetto di spesa regionale venga posto a carico delle aziende fornitrici “in misura pari all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l’acquisito di dispositivi medici a carico del Servizio Sanitario regionale”.
Le quote a carico delle aziende sono rilevanti (Art.9, comma 9): 40% per il 2015, 45% per il 2016 e 50% dal 2017 in avanti.
Il margine delle imprese è sensibilmente più basso di queste quote, da cui l’insostenibilità economica. La misura non verrà applicata per diversi anni.
Lo stesso Renzi ha recentemente dichiarato ai microfoni Rai che “nonostante fosse una richiesta sulla revisione della spesa che veniva dalla necessità europea di mettere in ordine i conti, non stava in piedi e quindi l’abbiamo rinviata”
- d.l. 115/2022 (decreto Aiuti bis) conv. in L. 142/2022
Con il decreto Aiuti bis, il governo Draghi accelera l’attuazione del payback stabilendo che il Ministero della Salute debba adottare entro il 30/9/2022 un decreto che certifichi il superamento del tetto di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici per le annualità comprese tra il 2015 e il 2018. Tale decreto sarà poi pubblicato in G.U. 15.9.2022.
Il decreto 115 fissa un altro punto chiave: le aziende devono effettuare i versamenti entro 30 giorni dai provvedimenti regionali e, in caso contrario, “i debiti per acquisti di dispositivi medici […] nei confronti delle aziende fornitrici inadempienti sono compensati fino a concorrenza dell’intero ammontare”.
Il meccanismo della compensazione blocca i pagamenti non ancora eseguiti e scoraggia le aziende a partecipare alle prossime gare, con conseguenze disastrose per l’intero comparto, per la qualità delle cure e, dunque, per i cittadini.
- Decreto Ministero della Salute, 6 ottobre 2022
Vengono definite le “linee guida propedeutiche all’emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali in tema di ripiano del superamento del tetto dei dispositivi medici […]”.
I provvedimenti regionali sono stati emessi entro il 15 dicembre 2022.
I pagamenti devono avvenire entro 30 giorni, ovvero entro il 15 gennaio 2023.
A seguito delle lettere inviate dalle regioni alle aziende sono stati avviati centinaia di ricorsi al Tar per contestare l’illegittimità dei provvedimenti a causa della loro incostituzionalità e non conformità con il diritto comunitario.
La misura viene contestata anche per la retroattività e perché le aziende non hanno visibilità in sede di gara sul fatto che i tetti regionali vengano o meno superati.
- D.l n. 4/2023
Rinvia al 30 aprile 2023 il termine ultimo entro il quale le aziende sono tenute ad effettuare i versamenti.
- D.l 30 marzo 2023, n. 34 cd “Decreto Bollette”
Prevede l’istituzione di un fondo da 1.085 milioni di euro per limitare l’onere a carico delle imprese che non hanno attivato contenzioso o che vi rinunciano e versano alle regioni la nuova quota entro il 30 giugno 2023.
Un onere da 3,6 miliardi di euro per le imprese
Basandosi sui dati della Corte dei Conti, la Federazione Italiana Fornitori in Sanità (FIFO) ha quantificato lo sforamento della spesa e il relativo ammontare del payback dal 2015 al 2020, tenuto conto che la quota di ripiano a carico delle aziende è sempre del 50% a partire dal 2017.
Ne è emerso un quadro cupo ed eterogeneo tra le varie regioni.
Valutando l’intervallo 2015-2020, la spesa si è mantenuta stabilmente al di sotto delle soglie soltanto in Lombardia, che ha sforato il tetto solo nel 2019, nel Lazio, in Campania e in Calabria, mentre il resto d’Italia è contraddistinto da un’eccedenza di spesa.
In questi mesi ha fatto molto discutere il caso della Toscana, che nel periodo 2015-2018 ha accumulato uno sforamento di più di 850 milioni di euro, per un payback di 397,2 milioni che le aziende sono tenute a versare a meno che non rinuncino ai ricorsi.
A conti fatti, la cifra che le regioni intendono riscuotere (2015-2019) in questo momento è di circa 2,2 miliardi di euro da cui vanno però sottratti i 1.085 milioni del fondo istituito dal Decreto Bollette. Estendendo invece l’osservazione a 6 anni (2015-2020), il totale a carico delle imprese sale a 3,6 miliardi di euro.
Payback, 112 mila posti di lavoro a rischio
Viste le cifre in gioco, l’applicazione della norma non ha solo l’effetto di erodere margini di guadagno, ma porta repentinamente a chiusura buona parte dei piccoli operatori su cui si basa l’attività delle strutture sanitarie.
A tal proposito Massimo Riem, presidente di FIFO, ha dichiarato che l’importo richiesto alle aziende a volte “supera addirittura il livello del fatturato di un anno. Impossibile reggere”.
Considerando l’indotto, a rischio ci sarebbero circa 112 mila posti di lavoro.
A proposito di conseguenze, Massimiliano Boggetti, Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, in una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio ha dichiarato che “il rischio è che le strutture sanitarie restino sfornite di dispositivi medici indispensabili, oltre a venire a mancare quel supporto tecnico che permette a molte delle tecnologie installate negli ospedali di funzionare correttamente”.
A livello sistemico, ciò determinerebbe un impatto fortemente negativo sulla qualità dei servizi erogati ai cittadini, con un ulteriore aumento del divario tra la sanità pubblica e quella privata. L’uscita di scena dei piccoli operatori creerebbe, inoltre, assetti di mercato da monitorare sotto il profilo concorrenziale.
Le associazioni, FIFO Sanità in primis, nel chiedere la cancellazione della norma, lamentano che il payback sia di fatto “un escamotage per non pagare (facendoselo rimborsare) una parte del prezzo precedentemente pattuito e contrattualizzato a valle di una gara pubblica nella quale è la Pubblica Amministrazione a fissare tutti i parametri”.
Il fatto che, per legge, l’impresa aggiudicataria non possa cessare la fornitura è un altro elemento da tenere in considerazione.
Payback dispositivi medici: verso la cancellazione della norma?
Gli ultimi mesi sono stati molto agitati.
Era, infatti, il 22 dicembre 2022 quando il Governatore della Toscana Eugenio Giani sostenne che il “payback sono cifre dovute da accordi firmati dalle associazioni di rappresentanza di categoria delle imprese che dovevano darci delle risorse fin dal 2015”.
La dichiarazione suscitò una dura replica da parte di Confindustria DM e di Fifo Sanità, da sempre schierata per la cancellazione di una misura ritenuta illegittima, incostituzionale e capace di “distruggere una filiera cruciale per il SSN”.
Nel frattempo, sono state indette diverse manifestazioni per protestare contro la misura, a partire da quella del 10 gennaio (stesso giorno della proroga di 4 mesi), fino a quella dello scorso 17 aprile promossa da Fifo Sanità e PMI Sanità.
Come anticipato, la misura più recente in ordine di tempo è quella del fondo da 1 miliardo per limitare l’importo del payback.
Tale misura non è sufficiente per evitare impatti considerevoli ma resta significativa come linea di tendenza.
Dimostra, infatti, la volontà del Governo di reperire risorse per sanare quello che a tutti gli effetti è un buco di bilancio.
Prevedere cosa accadrà nel prossimo futuro resta molto complesso.
La certezza, sintetizzata dalle lettere inviate a fine marzo da Boggetti (Confindustria Dispositivi Medici) al Governo, è che le associazioni di categoria intendono tener fede al proprio approccio chiedendo l’immediata cancellazione della norma, a prescindere dalle attuali misure di alleggerimento: “Ci auguriamo che una misura insensata come il payback venga cancellata senza creare ulteriori e altrettanto gravi problemi”.
Ce lo auguriamo vivamente anche noi.
Articolo originariamente pubblicato il 26 Apr 2023