Riuscire ad analizzare grandi quantità di dati al fine di elaborare una gestione strategica è tra gli obiettivi di un buon management.
La sfida risiede nel riuscire a utilizzare correttamente la miriade di informazioni provenienti da fonti diverse, in modo da orientare in modo ottimale le decisioni.
“In ambito sanitario, non mancano i dati. La carenza, semmai, risiede nella capacità di utilizzarli e nella cultura per farne uno strumento di miglioramento della propria performance, sia organizzativa sia clinica”.
Questo è il pensiero di Mario Alparone, manager di lungo corso, che da dieci anni si occupa di Sanità. Attualmente, ricopre il ruolo di direttore generale dell’ASST del Garda e ripone una grande fiducia nel valore del dato:
“Per quanto riguarda la mia esperienza – afferma il manager – ho visto che molte volte le persone temono di essere misurate: vivono questa azione in modo negativo o vessatorio, quando in realtà l’intento è di dare un contributo al miglioramento dell’azienda. I dati, infatti, ci permettono di passare da un approccio di percezione a uno di misurazione”.
Quando si ha l’esigenza di gestire risorse limitate, come accade in ambito sanitario, la misurazione diventa cruciale per poterle allocare nel migliore dei modi.
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Data quality e data consolidation come motore degli Health Big Data
Per il Direttore generale dell’ASST del Garda, il nodo centrale per risolvere la questione dei dati è impostare la sanità in modo diverso:
“È importante definire il dato non tanto a supporto di una prestazione – afferma Alparone – ma come parte di un percorso, di un processo, di un insieme di attività che devono essere svolte da un gruppo di professionisti attraverso un approccio strutturato che deve avere un esito, anche questo misurabile, sul paziente”.
Proprio questa capacità di misurare il percorso e l’esito è fondamentale e rappresenta una sfida ancora aperta nella Sanità:
“Sarebbe auspicabile riuscire, anche da un punto di vista di bilancio, a fare questo salto culturale, misurando il beneficio che arriva al paziente in termini, per esempio, di minori accessi al pronto soccorso, di minori ricadute in fenomeni acuti o di migliore stato della propria salute. Solo chi sarà in grado di interpretare questa nuova logica sarà vincente”, continua Alparone.
Per riuscire ad ottenere tali risultati, occorre lavorare sulla data quality e sulla data consolidation, oltre che sulle modalità di raccolta:
“Quando arrivai in questa azienda – racconta Alparone – feci predisporre una serie di report in excel che fornivano una visione complessiva di quale fosse la governance della struttura: raccoglievamo dati come i volumi ricoveri, quelli delle attività ambulatoriali, i tempi d’attesa, i posti letto disponibili… Ero fermamente convinto, già all’epoca, di aver bisogno di queste informazioni per poter orientare le decisioni aziendali e condividerle con il resto del management”.
Il problema, allora, era che le informazioni erano destrutturate e la fruizione del dato era poco funzionale.
La soluzione tecnologica con gli Health Big Data
L’obiettivo di acquisizione di Health Big Data di Alparone era chiaro sin da subito:
“La mia esigenza – chiarisce il Direttore – era avere un quadro di informazioni che potessero orientare l’attività day by day, ma anche la strategia a medio termine”.
Ripescando dalla sua esperienza passata, Alparone immaginava di predisporre un tableau de bord utile per orientare le decisioni.
Per farlo, si è rivolto a Maps Healthcare, business unit di Maps Group dedicata al mondo eHealth , che sviluppa soluzioni tecnologiche data driven pensate per accompagnare le organizzazioni sanitarie, pubbliche e private, nel loro percorso di trasformazione digitale verso modelli connected care.
I trend e le soluzioni: un cruscotto direzionale con i dati ospedalieri
- Interpretare i dati e usarli come strumenti a supporto delle decisioni
- Attivare nuovi metodi di relazione e dialogo con gli utenti
- Abilitare una comunicazione multicanale nei percorsi di cura
Con questi intenti, il risultato ottenuto è un cruscotto direzionale – basato sulla piattaforma Clinika (Healthcare Analytics Platform) – che contiene le varie tipologie di dati ospedalieri:
“In questo momento, abbiamo arricchito l‘offerta a disposizione anche con informazioni sul personale, in modo da avere una visione il più completa possibile – afferma Alparone – mentre la gestione è intuitiva, e questo ne facilita l’utilizzo”.
L’aspetto vincente, per il Dg, è stata la costituzione di un team misto:
“Abbiamo organizzato la progettualità attraverso un tavolo di lavoro condiviso tra le varie persone che potevano contribuire al progetto. Si tratta di risorse interne, ma anche di personale di Maps Healthcare. Questo, sommato a un’interfaccia user friendly, ha facilitato la formazione degli utenti”.
Alla fase progettuale di co-pianificazione del lavoro ne dovrà seguire una seconda nella quale l’azienda sanitaria si misurerà con la capacità di gestire l’applicativo in autonomia:
“Questa partita – sintetizza Alparone – si giocherà su due binari : quello della rappresentazione dei dati, oggi più semplice grazie alle tecnologie a disposizione, e quello dell’acquisizione delle informazioni”. E proprio quest’ultimo è l’aspetto più sfidante: “Si pone, ancora una volta ,un problema di data quality. Se all’interno di un sistema, infatti, si inseriscono dati che non sono qualitativamente attendibili, non lo saranno nemmeno le informazioni che saranno derivate da questi dati”.
Lo strumento da solo non basta: serve la padronanza e l’autonomia nella gestione dello stesso, qualcosa che si acquisisce nel tempo grazie anche a un’attività di formazione del personale.
La sfida del territorio
Avere dati di qualità è utile all’interno delle strutture e delle organizzazioni, ma anche all’esterno, come fa notare Alparone:
“Pensiamo, per esempio, ai tempi d’attesa: se l’argomento non viene affrontato con un linguaggio comune con la cittadinanza, rischia di non essere compreso. Occorre riuscire a comunicare, in maniera semplice e meno tecnica, informazioni come la capacità di un’azienda di far fronte ai tempi di attesa e sulla base di che cosa questi si misurano.
Un linguaggio basato su dati attendibili permette di passare da un mondo di percezione a uno di consapevolezza, sia questa interna o esterna”.
Alparone, poi, guarda anche al futuro:
“Il regolamento DM77 (che regola gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza territoriale, Ndr.) rende centrale il territorio. In questo senso, diventa ancora più importante sganciarsi dalla singola prestazione e guardare al processo, misurando gli esiti sul paziente.
La prossima frontiera sarà lavorare sulla raccolta di dati di valore in quest’ambito”.
Un modus operandi che fa fede al motto, pienamente sostenuto da Alparone:
“Non si può migliorare ciò che non si misura”.
Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con Artexe