In un contesto sanitario sempre più orientato alla qualità dei servizi di cura e alla ricerca dell’efficienza, importanti sforzi vengono impiegati da parte delle organizzazioni sanitarie per migliorare i percorsi di diagnosi e cura dei pazienti, garantendo un adeguato dimensionamento dell’offerta dei servizi nel rispetto dei vincoli di risorse disponibili.
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La complessità del percorso chirurgico
In questo scenario, la gestione dell’attività chirurgica e del relativo percorso del paziente ricopre uno degli aspetti più attenzionati dalle aziende sanitarie: se, da un lato, l’attività chirurgica rappresenta una delle principali voci di costo e di ricavo per un’organizzazione sanitaria (si stima mediamente il 60-70% dei ricavi e il 40% dei costi), dall’altro si configura come un’attività ad elevata complessità organizzativa per la multidisciplinarietà delle risorse da coordinare e per le molteplici variabili che entrano in gioco nella programmazione delle attività.
Non da ultimo, l’attività chirurgica ha un impatto diretto sulla gestione delle liste d’attesa, tema più che mai attuale e di rilevanza critica per l’accessibilità alle cure e la soddisfazione del paziente.
La necessità delle Aziende Sanitarie
La gestione del percorso chirurgico emerge come un imperativo strategico per garantire la sostenibilità del sistema sanitario, migliorando al contempo la qualità delle cure offerte e la loro tempestività, con la consapevolezza che il miglioramento delle performance non si esaurisce guardando esclusivamente a quanto avviene all’interno delle mura del blocco operatorio.
È infatti necessario adottare una prospettiva olistica che tenga in considerazione l’intero percorso del paziente in tutte le fasi perioperatorie, in coerenza con quanto indicato nel documento della Conferenza Stato-Regioni “Linee di indirizzo per il governo del percorso del paziente chirurgico programmato”.
Le aziende sanitarie hanno bisogno di governare il percorso operatorio, migliorando l’efficacia delle cure e rendendo al contempo efficiente il sistema: aumentare il tasso di utilizzo delle sale, il numero di interventi, e ridurre contestualmente tempi di attesa, tempi di turnover (attesa tra un intervento e il successivo),eccetera. Un approccio Data Driven – come quello di cui stiamo qui discorrendo – ha permesso a diverse aziende sanitarie un aumento del tasso di utilizzo delle sale operatorie tra il 10 e il 30%.
Il Gemello Digitale del percorso operatorio
Per affrontare efficacemente le sfide legate alla complessità del contesto operatorio, è importante ricorrere a metodologie oggettive, basate sull’analisi dei dati per estrarre conoscenza e orientare le decisioni.
Il dato, infatti, è il fulcro attorno al quale ruotano le strategie di ottimizzazione dei processi. Attraverso l’acquisizione, l’integrazione e l’analisi di grandi volumi di dati provenienti da diverse fonti (es. dati del registro operatorio, dati del CUP, dati di Cartella clinica, dati di sistemi di laboratorio, ecc.) è possibile ricostruire una replica digitale del percorso del paziente chirurgico, creando il cosiddetto gemello digitale (o digital twin) del percorso operatorio.
Il gemello digitale è una replica virtuale che riflette fedelmente la realtà, ed è utile per simulare, analizzare e prevedere l’andamento di un sistema fisico reale, in questo caso del percorso operatorio, offrendo così un’opportunità senza precedenti per studiarne le caratteristiche. Il digital twin funge così da laboratorio virtuale, dove ogni aspetto del percorso chirurgico può essere studiato in real time, avendo la possibilità di valutare l’impatto di potenziali cambiamenti con tempestività.
Digital Twin e Process mining per una soluzione Data Driven
In questo contesto si inserisce il Process Mining, metodologia che unisce gli approcci della gestione dei processi (Business Process Management – BPM) e dell’analisi dei dati (Data Mining).
Attraverso l’analisi dei cosiddetti “event logs” – ovvero delle “tracce digitali” che indicano quando è accaduto in passato un determinato evento – come l’entrata in lista di un paziente, lo svolgimento di un esame di laboratorio o l’entrata in blocco del paziente – è possibile ricostruire il percorso del paziente visualizzando graficamente come si è svolto nella realtà, ad esempio nell’anno precedente.
Questa analisi permette di evidenziare con estrema immediatezza deviazioni rispetto ai modelli di processo teorici, colli di bottiglia, inefficienze e opportunità di ottimizzazione.
Il valore distintivo del Process Mining risiede nella capacità di fornire in tempi brevi una visione oggettiva, superando i limiti degli approcci tradizionali basati su interviste e osservazioni dirette che possono essere soggettive o incomplete e che richiedono un importante impiego di risorse e tempi di analisi consistenti prima di poter apprezzare dei miglioramenti.
I passi per fare un’analisi di Process Mining: la convergenza con il Lean management
Nell’ambito del continuous improvement, che caratterizza l’approccio Lean Six Sigma, la metodologia DMAIC (Define, Measure, Analyze, Improve, Control) suggerisce un framework strutturato e sistematico per il miglioramento continuo dei processi, che può essere usato come riferimento per realizzare nel concreto un’attività di analisi tramite il Process Mining.
Di seguito, analizziamo le fasi della suddetta attività di analisi.
FASE 1 – DEFINE
Si comincia definendo chiaramente il problema, identificando gli obiettivi di alto livello e i “mal di pancia” dell’organizzazione, a cui dedicare particolare focus durante l’analisi.
Nello stesso momento, vengono definiti i principali indicatori da monitorare.
Si riporta di seguito un subset di indicatori – ripresi dal documento della Conferenza Stato-Regioni – che, sulla base di esperienze concrete, si sono rilevati di maggior valore nel fornire una vista immediata delle principali criticità e opportunità di miglioramento:
- Tempo di attesa per classe di priorità: tempo che intercorre tra l’inserimento in lista d’attesa e l’effettivo ricovero;
- Tempo di degenza pre-operatoria: tempo che intercorre tra la data di ricovero e la fase intraoperatoria;
- Raw utilization: percentuale di utilizzo del tempo assegnato in sala per l’intervento operatorio;
- Start Time Tardiness: tempo che intercorre tra l’inizio programmato della prima seduta e l’inizio effettivo;
- Turnover Time: tempo che intercorre tra l’uscita dalla Sala Operatoria del paziente e l’ingresso del successivo;
- Tempo di degenza postoperatoria: tempo che intercorre tra la data di esecuzione dell’intervento e la data di dimissione.
FASE 2 – MEASURE
Si prosegue con l’estrazione, la preparazione e la pulizia dei dati.
Per utilizzare il Process Mining, è sufficiente avere l’informazione di quando è avvenuto un determinato evento (come, ad esempio, la data del pre-ricovero, l’orario di inizio dell’intervento, ecc.) in modo da ricostruire la sequenza del percorso che ha seguito il paziente.
In genere, questi dati sono sempre tracciati all’interno dei sistemi informativi su cui vengono gestite le fasi del percorso operatorio, ma non sono sempre di elevata qualità.
Per questo, è necessario procedere in questa fase a una preparazione dei dati che consenta di misurare le prestazioni effettive del sistema operatorio, così da poterla utilizzare anche come baseline durante le fasi successive.
FASE 3 – ANALYZE
Si giunge, quindi, alla fase centrale del progetto, in cui i dati vanno in pasto ad algoritmi di process mining in grado di rappresentare a video il gemello digitale del percorso operatorio dell’ultimo periodo, per il lasso di tempo per cui sono disponibili i dati.
In questo modo, si mettono a fuocole principali criticità del processo quali sprechi, rework e colli di bottiglia. L’analisi approfondita dei dati e la discussione di questi fenomeni con Anestesisti, Chirurghi, Infermieri e, ovviamente, con le Direzioni Sanitarie, consente di identificare le cause radice dei problemi osservati.
In questa fase possono venire in aiuto tecniche di analisi dei problemi come il “diagramma di Ishikawa” e “l’analisi dei 5 Perché “(5 Whys).
Nelle fasi successive, ci si concentra sulla definizione, prioritizzazione e implementazione delle azioni di miglioramento (FASE 4 – IMPROVE), che verranno poi monitorate nel continuo (FASE 5 – CONTROL) per valutarne la reale efficacia ed apportare eventuali correttivi.
La schedulazione, un problema comune
La schedulazione delle sale operatorie rappresenta una delle criticità più comuni all’interno delle organizzazioni sanitarie in quanto contempla la necessità di bilanciare una serie di variabili spesso in conflitto tra loro. La programmazione degli interventi chirurgici si caratterizza, infatti, come un processo complesso che deve tener conto di molteplici fattori, tra cui la disponibilità dell’equipe chirurgica, delle sale operatorie, della strumentazione di sala, dei posti letto, nonché delle esigenze cliniche dei pazienti e delle relative priorità.
È fondamentale considerare in una logica olistica e sistemica tutti questi aspetti, altrimenti si rischia di incorrere in problematiche operative in cui si possono verificare ritardi, sovrapposizioni, indisponibilità delle risorse necessarie o, ancora, sottoutilizzo delle risorse con conseguenti ricadute sull’offerta riguardo ai bisogni di cura dei pazienti.
L’adozione di uno strumento di schedulazione basato su modelli matematici (ad esempio, su principi di ricerca operativa) intende supportare il processo di pianificazione degli interventi proponendo una programmazione ottimizzata sulla base dei vincoli di sistema.
I sistemi di schedulazione si basano su algoritmi complessi che elaborano una vasta gamma di dati e variabili per pianificare in modo efficiente gli interventi, massimizzando l’uso delle risorse disponibili con conseguenti ricadute sulla qualità delle cure offerte ai pazienti. Tali algoritmi elaborano come output una proposta di pianificazione degli interventi che mira all’ottimizzazione di una certa funzione obiettivo (ad esempio, massimizzazione della saturazione delle sedute operatorie) o di una combinazione di esse, nel rispetto dei vincoli e variabili di sistema tra cui, a titolo di esempio:
- disponibilità delle ore di sala operatoria per una determinata specialità chirurgica;
- disponibilità di posti letti nei reparti di degenza e/o in terapia intensiva;
- disponibilità della strumentazione di sala;
- durata prevista degli interventi;
- durata prevista della degenza post-operatoria;
- priorità clinica dei pazienti in lista d’attesa.
I fattori chiave per il successo
Fattori tecnologici e organizzativi rappresentano gli elementi fondanti per il successo di progetti di efficientamento – come quello del gemello digitale del percorso operatorio – secondo l’approccio descritto.
La centralità del dato – come principale elemento oggettivo da cui far scaturire un confronto e indirizzare azioni di miglioramento – presuppone che vengano gestiti aspetti di data quality a garanzia del fatto che i dati in analisi siano affidabili ed effettivamente rappresentativi della realtà.
Tecnologie Bluetooth o RFiD stanno rivoluzionando il modo in cui le strutture sanitarie possono rilevare automaticamente i tempi operatori, grazie alla capacità di tracciare i movimenti dei pazienti attraverso varchi predefiniti. Questi sistemi permettono di registrare in modo preciso e senza intervento umano il momento in cui un paziente, per esempio, entra o esce da una sala operatoria, riducendo gli errori umani nella registrazione dei dati e migliorando l’accuratezza delle informazioni relative ai tempi.
Infine, ma non da ultimo, l’ingaggio delle figure professionali coinvolte nei processi rappresenta un elemento imprescindibile in tutte le fasi descritte. La collaborazione e la partecipazione attiva si rivelano essenziali per garantire che le analisi condotte e le decisioni prese siano effettivamente radicate nella realtà operativa e condivise da chi quotidianamente vive i processi operatori.
Questo approccio partecipativo assicura che le azioni di miglioramento, che spesso si traducono nell’introduzione di nuove tecnologie e nuove prassi operative, non siano percepite come mere imposizioni dall’alto, ma come strumenti in grado di portare valore, scelti e adottati per rispondere a esigenze concrete. La condivisione di analisi e decisioni stimola, inoltre, un senso di appartenenza e responsabilità nei confronti del miglioramento, incoraggiando il personale a identificare e proporre attivamente ulteriori aree di intervento e innovazione. Attraverso incontri regolari, workshop e sessioni di feedback, si crea un ambiente in cui il dialogo continuo tra gli attori di processo consente di affinare le strategie di ottimizzazione, di monitorare l’efficacia delle azioni intraprese e di adattarsi dinamicamente alle sfide emergenti.
Tutto ciò non solo amplifica il potenziale di successo del progetto di ottimizzazione ma trasforma anche il percorso di miglioramento in un percorso di crescita condivisa, dove le tecnologie avanzate e le decisioni strategiche si intrecciano con le competenze e l’esperienza del personale per elevare la qualità delle cure e l’efficienza operativa delle strutture sanitarie.