La mobilità internazionale del personale è un tema di crescente importanza nel settore Life Sciences, caratterizzato da una forte innovazione e dalla richiesta di competenze altamente specializzate.
In tale contesto, il remote working, il personale in trasferta ed il distacco del personale rappresentano peculiari modalità di svolgimento dell’attività lavorativa ampiamente diffuse.
Dal punto di vista fiscale, il Legislatore tributario ha introdotto una serie di disposizioni atte a favorire la mobilità internazionale dei lavoratori mediante il regime dei c.d. “impatriati“. Nondimeno, occorre evidenziare come tali modalità di svolgimento dell’attività lavorativa comportano la necessità di implementare una seri di presidi in termini di prevenzione e gestione dei potenziali rischi fiscali connessi.
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Il regime speciale dei lavoratori impatriati
L’art. 5 del D.Lgs. n. 209/2023, recante la disciplina dei lavoratori c.d. impatriati, prevede che i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, i redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni prodotti in Italia da lavoratori che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 2 del TUIR entro il limite annuo di 600.000 euro concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare al ricorrere di alcune condizioni.
I lavoratori dovranno:
a) essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione (ex Dlgs 108/2012 e Dlgs 206/2007);
b) impegnarsi a risiedere fiscalmente in Italia per almeno 4 anni;
c) non essere stati fiscalmente residenti in Italia nei 3 periodi d’imposta precedenti il loro trasferimento;
d) aver prestata l’attività lavorativa post rientro prevalentemente nel territorio dello Stato.
Nell’ipotesi in cui l’attività sia prestata in favore dello stesso soggetto presso il quale il lavoratore è stato impiegato all’estero prima del trasferimento oppure in favore di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo, il requisito minimo di permanenza all’estero è di:
- 6 periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
- 7 periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.
Gli incentivi si applicheranno per 5 anni considerando come primo periodo quello in cui viene trasferita o ritrasferita in Italia la residenza fiscale.
È prevista una causa di decadenza nel caso in cui la residenza fiscale in Italia non venga mantenuta per almeno 4 anni (qui il riferimento sembra al calendario solare), con recupero delle minori imposte versate e relativi interessi. Inoltre, è prevista una detassazione al 60% in presenza di figli minori.
È ammessa la proroga del regime per ulteriori 3 periodi d’imposta per quei soggetti che abbiano trasferito la propria residenza anagrafica nell’anno 2024 e nel caso in cui il contribuente sia divenuto proprietario, entro la data del 31.12.2023 e, comunque, nei dodici mesi precedenti al trasferimento, di un’unità immobiliare di tipo residenziale adibita ad abitazione principale in Italia.
Remote Working
Il remote working, o anche home working, ha subito una notevole espansione negli ultimi anni, accelerato dalla pandemia di COVID-19.
Nel settore Life Sciences, questa modalità di lavoro offre numerosi vantaggi, tra cui la possibilità di attrarre talenti da tutto il mondo senza la necessità di trasferimenti fisici. Tuttavia, il remote working presenta anche dei potenziali rischi fiscali, se non adeguatamente presidiati.
Dal punto di vista della normativa sul transfer pricing, nel contesto del remote working è essenziale garantire che i costi e i ricavi associati al lavoro svolto da remoto siano allocati a condizioni di mercato tra le diverse consociate, localizzate in diverse giurisdizioni. Questo può richiedere una revisione delle politiche di transfer pricing per riflettere le nuove modalità di lavoro.
Il lavoro da remoto può anche sollevare questioni relative a temi legati alla presenza – dopo adeguate verifiche fattuali – di stabile organizzazione (nel seguito anche “SO”) di tipo sia:
- materiale (qualificabile come “Management SO”, legata a funzioni di gestione dell’impresa da remoto o “Service SO”, legata all’erogazione di servizi tecnici e di consulenza) che
- personale (legata ad attività commerciali soprattutto collegate al potere di negoziare e concludere contratti).
Difatti, se un dipendente lavora da remoto (svolgendo talune delle funzioni sopra menzionate) in un Paese diverso da quello in cui si trova la sede principale dell’impresa, potrebbe sorgere il rischio che l’impresa venga considerata come avente una stabile organizzazione occulta in quella giurisdizione. Questo comporterebbe:
- una possibile ri-allocazione delle funzioni e/o dei beni immateriali utilizzati;
- una possibile ri-allocazione dei profitti fra Headquarters e SO (attraverso le metodologie stabilite dall’Authorized OECD Approach, così come incluso nel report OCSE “Attribution of Profits to Permanent Establishments“, nonché dalle Linee Guida OCSE sui prezzi di trasferimento);
- un possibile rischio di ri-localizzazione del “place of management” (e.g., possibile doppia residenza / ri-localizzazione della residenza);
- nonché le conseguenti sanzioni tributarie ed, eventualmente, penali (inclusa la conseguente doppia imposizione emergente) ed i successivi obblighi fiscali aggiuntivi.
Personale in trasferta
Il personale in trasferta (o business trip), ovvero i dipendenti che viaggiano frequentemente per lavoro, rappresenta un’altra componente chiave della mobilità internazionale nel settore Life Sciences. Questi dipendenti possono essere inviati in missioni brevi o lunghe, a seconda delle necessità aziendali.
Anche in questo caso, è essenziale gestire correttamente gli aspetti fiscali per evitare eventuali rischi.
A tal fine, le imprese devono monitorare attentamente:
- la durata e la frequenza delle trasferte per evitare che i dipendenti superino i limiti di permanenza (i.e., 183 giorni) in giurisdizioni estere, nonché:
- lo svolgimento di attività da parte di detti dipendenti al fine di prevenire potenziali contestazioni in tema di stabile organizzazione occulta in un’altra giurisdizione (e.g., “Service SO“, legata all’erogazione di servizi tecnici e di consulenza o “SO personale”, legata ad attività commerciali soprattutto collegate al potere di negoziare e concludere contratti).
Inoltre, è fondamentale garantire che le spese di viaggio e soggiorno ed altri riaddebiti siano correttamente allocati fra le diverse consociate e, quindi, siano gestiti in conformità con le normative di transfer pricing applicabili.
Distacco del Personale
Il distacco del personale è una pratica comune nel settore Life Sciences, utilizzata per trasferire temporaneamente dipendenti altamente qualificati in altre sedi o Paesi per progetti specifici. Questa modalità di lavoro consente alle imprese di sfruttare al meglio le competenze dei propri dipendenti e di rispondere rapidamente alle esigenze del mercato.
Nel caso del distacco del personale, è fondamentale garantire che i costi associati al distacco (senza mark-up) siano allocati correttamente tra le entità coinvolte. Questo include non solo i costi diretti, come stipendi e benefit, ma anche i costi indiretti, come le spese di viaggio e alloggio. Una corretta applicazione della normativa di transfer pricing è, quindi, essenziale per evitare controversie fiscali, rettifiche ai prezzi di trasferimento, nonché le conseguenti sanzioni.
Il distacco del personale potrebbe anche creare taluni rischi di stabile organizzazione occulta, qualora un dipendente distaccato svolga attività che possono essere considerate come una presenza fissa e continuativa in un’altra giurisdizione (e.g., il dipendente distaccato svolge un’attività di business abituale per la società distaccante): in questo caso, l’impresa distaccante potrebbe essere soggetta a tassazione in quel Paese estero, a seguito di contestazioni riferibili – inter alia – al trasferimento di know-how e/o di funzioni.
È, quindi, importante valutare attentamente le attività svolte dai dipendenti distaccati e adottare misure per mitigare eventuali rischi.
Mobilità internazionale nel settore Life Sciences: politiche e strumenti per la gestione del rischio
La mobilità internazionale del personale nel settore Life Sciences offre numerose opportunità, richiedendo, al contempo, una gestione attenta delle implicazioni di carattere fiscale.
È consigliabile che le imprese adottino politiche e procedure interne adeguate a intercettare – attraverso un monitoraggio continuo – gli eventuali rischi, sopra descritti, prima della loro manifestazione.
A tal fine, l’implementazione del Tax Control Framework (TCF) rappresenta un valido strumento per la gestione e mitigazione dei rischi fiscali associati alla mobilità internazionale dei lavoratori.