Da qualche anno ormai si parla del payback per i dispositivi medici, una misura che impone alle aziende del settore che forniscono medical devices al SSN, in caso di sforamento del tetto di spesa regionale da parte delle regioni per l’acquisto di dispositivi medici, di ripianare tale sforamento nella misura del 40% nell’anno 2015, del 45 per cento nell’anno 2016 e del 50 per cento a decorrere dal 2017.
Sebbene questa misura sia stata introdotta nel nostro ordinamento nel lontano 2015, soltanto nel 2022, a distanza di molti anni dalla sua introduzione, con l’art. 18, comma 1, del D.L. n. 115 del 2022, il Legislatore ha accelerato l’attivazione del payback, innovandone e modificandone – in via retroattiva – la disciplina con riferimento agli anni 2015, 2016, 2017, 2018.
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Payback per i dispositivi medici: la protesta delle aziende
Per questa ragione, le aziende del settore hanno avviato una vera e propria battaglia legale tesa a contrastare l’attivazione – in via retroattiva – di questo sistema che non è altro che un prelievo forzoso che implica per le aziende l’onere di versare alle regioni importi elevati, in alcuni casi anche importi milionari.
Infatti, avanti al TAR del Lazio, pendono circa 1.800 ricorsi promossi al fine di ottenere l’annullamento degli atti attuativi e il riconoscimento dell’incostituzionalità della norma.
Lo scorso anno, riconoscendo la fondatezza di quanto sostenuto dalle aziende, il TAR ha promosso alla Corte Costituzionale incidentalmente il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9 ter del D.L. n. 78 del 2015, per contrasto con gli artt. 3, 24, 41 e 117 Cost..
Le aziende del settore hanno tirato un sospiro di sollievo che, però, è durato poco.
Le sentenze della Corte Costituzionale
Infatti, lo scorso 22 luglio, la Corte Costituzionale ha pubblicato due sentenze con cui, di fatto, ha confermato il sistema in questione.
In particolare, con la sentenza n. 140, la Corte Costituzionale, decidendo sull’ordinanza di remissione del TAR Lazio, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità avente ad oggetto il payback per gli anni 2015-2018. In particolare, la Corte ha evidenziato che si tratta di un contributo solidaristico, correlabile a ragioni di utilità sociale.
Invece, con la sentenza n. 139, la Corte Costituzionale ha accolto la questione di legittimità sollevata in relazione all’art. 8, comma 3, del D.L. n. 34 del 2023. Questa norma prevedeva che le aziende fornitrici di dispositivi medici che non avessero avviato il contenzioso contro i provvedimenti regionali e provinciali di cui all’articolo 9-ter, comma 9-bis, del D.L. n. 78 del 2015 o che, pur avendolo avviato, avessero inteso rinunciarvi, avrebbero dovuto versare a ciascuna regione e provincia autonoma, entro il 30 novembre 2023, una quota pari al 48% dell’importo indicato nei predetti provvedimenti regionali e provinciali.
La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 8 nella parte in cui la riduzione al 48% della quota determinata dai provvedimenti regionali e provinciali non viene estesa a tutte le aziende fornitrici di dispositivi medici.
In applicazione di questa sentenza, per gli anni 2015- 2018, tutte le aziende saranno tenute a pagare il 48% delle somme originariamente richieste con i provvedimenti regionali e provinciali e, per poter beneficiare del pagamento nella predetta misura ridotta, non dovranno rinunciare ai ricorsi giurisdizionali precedentemente proposti.
Secondo la Corte Costituzionale, quindi, il meccanismo del payback non appare neppure sproporzionato alla luce della significativa riduzione al 48% dell’importo originariamente posto a carico delle imprese, che ora è riconosciuta indistintamente a tutte le aziende in virtù della sentenza n. 139.
Tuttavia, la battaglia legale non è ancora giunta al termine. Il TAR Lazio dovrà prendere atto di queste sentenze e definire le cause pendenti anche tenendo conto di censure diverse rispetto a quella rimessa incidentalmente alla Corte Costituzionale e dovrà valutare se proporre un quesito alla CGUE per violazione della normativa europea. Le prime udienze pubbliche per la definizione del merito delle cause pilota che erano state rimesse alla Corte Costituzionale sono state fissate al prossimo 25 febbraio 2025. Quindi, è verosimile che la sentenza verrà pubblicata entro i primi mesi del prossimo anno.
Non solo payback. Il nuovo prelievo alle aziende dei dispositivi medici: lo 0,75% del fatturato
Nelle more del giudizio sul payback, le aziende del settore sono in attesa di conoscere se dovranno versare o meno lo 0,75% del valore del fatturato del 2023 entro il prossimo 31 dicembre per l’implementazione del Fondo per il governo dei dispositivi medici.
Infatti, il 2 dicembre sono state discusse al TAR Lazio le prime cause “pilota” promosse sempre dalle aziende del settore per l’annullamento inter alia del decreto del 29 dicembre 2023, pubblicato in G.U., Serie Generale n. 33, il 9 febbraio 2023, con cui il Ministero della Salute, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, ha stabilito i criteri e le modalità per alimentare il “Fondo per il governo dei dispositivi medici” prevedendo che “a partire dall’anno in corso, dal 1° novembre al 31 dicembre di ogni anno, le aziende produttrici o distributrici di dispositivi medici e delle grandi apparecchiature e dispositivi medico-diagnostici in vitro versano, sul capitolo di entrata n. 3616, la quota annuale prevista dall’art. 28 del decreto legislativo n. 137 del 2022 e dall’art. 24 del decreto legislativo n. 138 del 2022, corrispondente allo 0,75% del valore del fatturato” che, in relazione all’esercizio finanziario precedente, deve essere autodichiarato entro il 31 dicembre di ogni anno.
Invero, alla luce del suddetto decreto, a partire da quest’anno, le aziende del settore dei dispositivi medici subiranno una nuova forma di prelievo che si somma alla pendente questione del payback e che colpirà indistintamente i fabbricanti e i distributori, piccoli o grandi che siano, che vendono al Servizio Sanitario Nazionale dispositivi medici e grandi apparecchiature.
Payback e quota 0,75%: misure in contrasto con il sistema delle gare pubbliche
Come per il payback, si tratta di una misura che non tiene in alcun modo conto che la vendita dei dispositivi medici al SSN è oggetto di gare pubbliche, i cui quantitativi e il corrispettivo posto a base di gara sono rimessi alle scelte e alle necessità delle stazioni appaltanti.
In questo contesto, l’operatore economico si limita a partecipare alle gare, nel corso delle quali deve altresì dimostrare l’utile che ne ricava.
Queste misure colpiscono retroattivamente il fatturato – e neppure l’utile – e si pongono in netto contrasto con il sistema delle gare pubbliche, andando ad incidere su contratti sottoscritti anni addietro.
In altre parole, il versamento della quota dello 0,75% è un’ulteriore misura che comprime l’attività d’impresa e su cui il TAR dovrebbe pubblicare le prime decisioni entro la fine dell’anno in modo da consentire alle aziende del settore che hanno promosso il ricorso, nel caso di una sentenza negativa, di adempiere all’obbligo di pagamento entro la scadenza del prossimo 31 dicembre.