La salute è un bene prezioso e non negoziabile.
Siamo ancora nella coda lunga della pandemia Covid-19 e, mai come ora, si è reso evidente quanto sia importante sviluppare modelli collaborativi tra i vari attori del mondo della salute al fine di ottimizzarne i processi, accelerarne gli impatti positivi in ambito sociale e fare in modo che tutti possano accedervi alle medesime condizioni.
Indice degli argomenti
I format collaborativi emersi durante la pandemia
Uno degli esempi più virtuosi a cui abbiamo assistito, in termini di modello collaborativo, è sicuramente quello attuato durante la pandemia per la corsa ai vaccini e alle soluzioni farmacologiche.
Mai prima d’ora, infatti, il sistema complessivo della Salute aveva collaborato così attivamente. La corsa contro il tempo per combattere la diffusione del virus Sars-Cov19 da parte di organismi scientifici, società farmaceutiche e di ricerca, accademia, organizzazioni sanitarie e istituzioni, ha indotto il sistema a trovare format collaborativi che consentissero di accelerare il processo di ricerca, sviluppo, trial clinico e distribuzione nel mercato delle soluzioni vaccinali oggi disponibili e in evoluzione.
“Di necessità, virtù” recita un vecchio adagio. Del resto, l’incubo che abbiamo vissuto (e che, in parte, è purtroppo ancora presente nel nostro quotidiano) e la sua drammatica evoluzione, scandita giorno per giorno da numeri e annunci, si è tramutato anche in una spinta propulsiva che ha messo in campo le migliori energie per un unico obiettivo: salvare vite umane.
Le condizioni per favorire l’innovazione in Sanità
Il tema della Sanità è così balzato ancor di più alla ribalta della cronaca. Quest’ultima, peraltro, spesso se ne occupa per sottolineare soprattutto gli aspetti negativi, per raccontarci casi inenarrabili di “mala sanità”, situazioni specifiche e critiche strillate con titoloni il cui storytelling finisce però per alimentare un’ idea collettiva di inadeguatezza del sistema, di costo eccessivo, di processi farraginosi e distanza dai bisogni quotidiani dei cittadini. Persone che, improvvisamente, spesso nell’acuzie e nelle emergenze, o nella, ahimè, scoperta di patologie importanti, si trovano a fronteggiare percorsi non sempre chiari, muovendosi a qualsiasi costo (perché la salute non dovrebbe avere un prezzo, ma poi lo ha) per accedere alle cure, seguire i propri cari, capire e avere sufficienti informazioni per decidere e per affidarsi alla professionalità dei medici.
Cosa focalizzare quindi per un’evoluzione del sistema? Quali modelli? Chi sono gli attori coinvolti? Come creare le condizioni perché attecchisca l’innovazione e si possa rinnovare il sistema?
I sistemi complessi non possono avere risposte troppo semplici. La Sanità è sicuramente un sistema complesso che deve oggi passare da reattivo a proattivo attraverso modelli di collaborazione, fiducia ed empowerment reciproco tra i vari attori.
Guardare al futuro è prendere atto che serve andare oltre gli antagonismi e ricreare un circolo virtuoso della salute in cui dar valore al ruolo di tutti gli attori. E trovare il bandolo della matassa nell’approccio ad una Sanità rinnovata che evolva in relazione a nuovi driver socio-demografici, tecnologici, di competenze e modelli.
Italia tra le migliori nel rapporto tra aspettativa di vita e spesa totale
Noi che spesso ci lamentiamo “a prescindere” del settore pubblico, possiamo notare come – a fronte di una spesa pro capite tutto sommato contenuta (circa 3.000 dollari/anno) – in Italia godiamo però di un’aspettativa di vita tra le più alte al mondo. Mentre negli USA, patria della quasi totale privatizzazione del Sistema Sanitario, l’aspettativa di vita è bassa e i costi elevatissimi.
Nella chart seguente – tratta da “Tango for 5, from competition to cooperation in Healthcare” di Verena Voelter, MD – è chiarissimo il rapporto tra aspettativa di vita e spesa totale pro capite in Salute di alcuni paesi tra Europa, Est, Usa e Medio Oriente.
Quanto appena visto dimostra che dobbiamo osservare le cose da un punto di vista più di dettaglio per poi capire le dinamiche (di valore o meno) che i dati sottendono.
Costi amministrativi e sprechi nella spesa sanitaria
Per il rapporto “Tackling Wasteful Spending on Health” (OECD), quando si analizzano i costi amministrativi in relazione all’efficacia (e agli sprechi) della spesa sanitaria, l’Italia risulta comunque tra le nazioni migliori, poco dopo paesi come Finlandia, Islanda, Svezia e Giappone.
Dove sta il problema? È solo percezione o possiamo fare di più e meglio?
Certo, sulla statistica incidono poi vari fattori. E comunque, il nostro Paese è (purtroppo) davvero a rischio ondata ageing e cronicità, con una popolazione che vive a lungo ma spesso afflitta – appunto – da almeno un paio di patologie croniche e da stili di vita poco salubri. Ciò potrebbe rendere il sistema non sostenibile ed è per questo che la grande occasione del PNRR va colta con cura e attenzione, salvaguardandola dal “Far West” che è alle porte quando le risorse in gioco sono tante.
I nostri sistemi regionali non sono tutti uguali e, ad oggi, neppure si parlano. Prima di tutto, serve una politica che capisca, indirizzi e sia in grado di comprendere cos’è in gioco a medio-lungo termine. E non solo a breve, sotto pressione del gioco elettorale.
Negli USA si paga lo scotto di sistemi privati che privilegiano e selezionano il “costo della salute” e pesano con questo parametro il valore della vita.
La riforma Obama, poi smantellata da Trump, ha invero cercato – e cerca nella nuova “edizione Biden” – di dare un sollievo a tutte quelle persone che non possono accedere a cure di qualità e strutture di eccellenza e sono escluse da (o accedono difficilmente a) un processo di prevenzione e di life style più sano.
La partita degli sprechi è sicuramente un tema importante. Tuttavia, non deve essere affrontato unicamente a colpo di puri tagli lineari o considerando un “deinvestimento”. Occorre puntare a una revisione degli investimenti, a modelli collaborativi integrati tra pubblico e privato e, soprattutto, a introdurre elementi di innovazione e nuovi “KPI” che siano da stimolo a fare meglio e che premino considerevolmente i risultati nel tempo.
Le 5P della One Health: gli attori primari del sistema
Per 5P si intendono i 5 attori primari che dovrebbero “co-opetere” per consentire un rinnovamento del settore Salute e l’affermarsi di un approccio “value-based”.
Le 5P sono le iniziali, in inglese, di Patient, Pharma, Payer, Policy e Provider.
Vediamo esattamente a cosa corrisponde ognuna delle 5P:
- Patient : il paziente, che si tratti di Salute in prevenzione o trattamento malattie Croniche, NCD, terapie temporanee o continuative. La Persona;
- Pharma: l’industria Farmaceutica, il Medtech, chi concorre alla cura producendo terapie e/o dispositivi medici;
- Payer: l’autorità che “paga”, che opera il rimborso della terapia totale o parziale alla struttura erogante. In un sistema come quello italiano, il “Payer” è primariamente lo Stato (Sistema “Single Payer”) che rimborsa – attraverso le proprie strutture che hanno in carico la gestione sanitaria (ad esempio, le Regioni) – il costo della terapia e delle prestazioni erogate alle strutture di cura, agli ospedali e via dicendo. In altri contesti (anche in Italia per coperture private), il “Payer” può essere una struttura privata, ad esempio una Compagnia Assicurativa, un Fondo Integrativo e così via. Fino a sistemi in cui vige un “mandato assicurativo” (ad esempio, negli USA) per cui tutti i cittadini devono pagare un’assicurazione sanitaria;
- Policy: il regolatorio e la politica, il decisore politico che stabilisce le regole e la normativa in materia sanitaria (Ministero della Salute, Governo…);
- Provider: chi eroga la prestazione sanitaria, (ad esempio, gli ospedali).
Le 5P per abbattere i silos e creare l’ecosistema che non c’è
Patient, Pharma, Provider, Policy, Payer sono quindi i 5 attori primari della partita.
Soggetti che oggi – ancora troppo spesso – agiscono in modo non coordinato e antagonista, senza in adottare schemi più collaborativi per superare la diffidenza, per ricreare fiducia e condizioni operative che ottimizzino il valore complessivo.
In questo momento l’Healthcare è un mercato iperframmentato in cui l’innovazione si sviluppa ancora in silos non comunicanti e con uno squilibrio complessivo tra innovazione e accesso alla cura. Un approccio basato sulla co-opetizione e sulla valorizzazione dei risultati (efficacia) è possibile ridisegnando un sistema che metta al centro le persone, utilizzando la tecnologia per recuperare efficienza e disegnare nuovi ecosistemi di servizi e supporti a prevenzione, monitoraggio, terapia e via dicendo e adottando modelli di collaborazione multilaterali tra i vari stakeholder.
Un cambio di mindset che impatti positivamente sull’effort complessivo dei sistemi sanitari attraverso una visione chiara e modelli di governance rinnovati in cui le persone siano sempre più parte attiva della loro Salute.
Abbiamo bisogno di abbattere i silos e stimolare un rinnovamento. Stiamo gestendo spesso la Salute come una “Autofficina”, reagendo con una “pillola per ogni cosa” invece di stimolare e supportare adeguatamente la prevenzione, il self-empowerment delle persone e cambi radicali di stile di vita.
Da malattia a salute, mirando agli investimenti
La UE sta certamente promuovendo sempre più verso gli Stati membri stimoli per andare in questa direzione, ma il risultato è ancora fragile.
Serve rafforzare l’interconnessione tra questi attori, per passare dal risolvere i problemi di salute a prevenirli, da reattivi a proattivi, da azioni isolate a collaborazione, da volumi a valore, da azioni a breve a pensare a lungo termine. Insomma, occorre passare dal concetto di malattia a quello di salute.
Nella complessità – magari gestita senza una visione chiara – si possono certo insidiare le inefficienze. E’ tempo di riconciliare gli interessi di tutti. Come? Implementando un approccio Value-Based e supportato anche dal Digitale, rivedendo gli approcci gestionali e come vengono coinvolti i vari attori, sviluppando collaborazioni specifiche e, soprattutto, ricostruendo la Fiducia.
E poi mirare agli investimenti, a interventi di svecchiamento delle strutture sia per potenziare davvero, rinnovandola, l’infrastruttura territoriale sia per creare modelli di potenziamento dell’assistenza domiciliare, magari cercando di cogliere le sfide future e non solo a breve-medio periodo.
Guardando al PNRR, la Missione Salute 6 (M6) indica due componenti fondamentali:
- Reti di prossimità, strutture intermedie e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale: 7 miliardi di stanziamenti
- Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio Sanitario Nazionale: 8 miliardi e 63 milioni di stanziamenti
One Health non sia solo uno slogan
Oggi, inoltre, si parla spesso di One Health e, quindi, un po’ fa specie che i temi Sostenibilità e Salute non vengano messi così tanto in relazione in vari passaggi del PNRR.
Un approccio forse un po’ “rétro”, nonostante tutto. E nonostante anche il buon indirizzo sul tema di AGENAS (Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali) alle Regioni, che sono le effettive attuatrici della Sanità.
Sembra ancora che “One Health” resti più uno slogan di sfondo piuttosto che diventare una realtà concreta. E, per alcune soluzioni indirizzate, come ad esempio le Case della Salute (Missione 6 C1), il rischio è che diventino non tanto un punto di ingresso a “Ecosistemi della Salute” ma un’ennesima forma di aggregato più o meno efficiente (e, magari, poi appaltato e via) di diagnostica e servizi senza un reale impatto soprattutto preventivo e non mirati a cogliere in termini predittivi l’evoluzione sanitaria del contesto socio-demografico in cui opereranno.
Il tema della “One Health, digital” – in cui è fondamentale un nuovo approccio collaborativo che sia capace di coinvolgere tutti gli attori del settore sanitario – è stato al centro di FORUM PA Sanità 2021, evento digitale organizzato da FPA e P4I-Partners4Innovation, società del Gruppo DIGITAL360. In questo video è possibile rivedere lo scenario dedicato a questo specifico tema
Costi e benefici, l’approccio Value-Based
Il circolo virtuoso deve vedere al centro il Paziente, non più come attore passivo ricevente ma come ulteriore elemento del contesto e partecipe dei processi.
Il rapporto tra Provider di cura (ad esempio, gli ospedali) e il Pagatore (da noi, lo Stato) deve privilegiare il risultato della performance e non solo pagare la performance attuata, ovvero non solo quanto viene “erogato”, ma come e quanto l’intervento attuato porti un beneficio duraturo nel tempo.
Il dialogo e confronto tra le Istituzioni e il mondo Farmaceutico, per le decisioni in materia di rimborso, non può limitarsi ad una trattativa economica ma deve far leva sul complesso del valore generato, sul Product-Service System complessivo.
La “terapia”, il “farmaco” in sé, dovrebbe far parte del (e, quindi, essere valutato e riconosciuto per) valore complessivo.
La “pillola” non è sufficiente, ma sarà presto una commodity, per quanto sofisticata, nel contesto di un “prodotto-sistema” avanzato che tenga in considerazione molti altri aspetti legati soprattutto alla qualità di ritorno per il paziente ma anche per il sistema, se il cosiddetto “outcome” è stabile e ben seguito.
La collaborazione (e lo si è visto durante la pandemia) tra Ricerca, Accademia e Industria Farmaceutica – assieme a quella delle persone e dei pazienti – può essere accelerata e gestita, anche grazie ad una serie di contribuzioni complessive, per portare sul mercato più velocemente e a costi più sostenibili nuovi prodotti e soluzioni innovative per la cura di patologie che, ancora oggi, mietono numerose vittime.
Il percorso classico di un farmaco richiede miliardi di investimento e almeno 10 anni prima di giungere a mercato, ma oggi siamo sicuramente in grado di accelerare il passo, ottimizzare il processo e dare più valore alle persone.
Digital ed Empowerment dei pazienti
Il cosiddetto Empowerment delle persone in relazione alla loro Salute è un elemento fondamentale per l’applicazione di principi Value-Based e per ridisegnare un sistema della Salute che metta davvero le persone al centro.
Cosa cerchiamo nella cura?
Non solo la sopravvivenza, ma una qualità e attenzione a come vivremo dopo e/o a come sopravviveremo.
Ci sono persone che rinunciano a cure pesanti (specie in ambito oncologico) per il timore degli effetti collaterali (ad esempio, la perdita di capelli per le donne). Su queste tematiche – e su come vivere al meglio il periodo di terapia e post terapico – si stanno sviluppando, infatti, nuovi protocolli e supporti atti a creare consapevolezza, maggiore conoscenza e collaborazione attiva nei pazienti. Le persone vogliono capire, altrimenti cercheranno (facendo danni) su “Doctor Google”!
Il Digitale rappresenta, inoltre, un “footprint” importante e può concorrere ad eliminare le inefficienze e a stimolare la collaborazione tra i vari attori.
Ma, anche qui, la tecnologia deve essere considerata non tanto come elemento salvifico e predominante in quanto tale ma come fattore di integrazione e di potenziamento del sistema.
Il Digitale, nel Pubblico, deve essere sinonimo di infrastruttura, di “data collector” intelligente, punto di rifermento per la costruzione degli ecosistemi di cura e per l’integrazione con elementi esistenti (ad esempio, i servizi di “startup”) anche creati e gestiti da provider privati.
La Sanità si deve impegnare ad essere un orchestratore capace. Non un produttore di tecnologie, ma un forte abilitatore che renda possibile costruire gli ecosistemi di cura e non solo implementare tecnologie, nella maggior parte dei casi, poco user friendly.
Conclusioni
Occorre, dunque, confrontarsi più e più spesso tra i vari attori, creare le condizioni di dialogo e investire sulle nuove competenze che possono essere un ulteriore stimolo all’innovazione.
Serve una profonda riflessione e ampliare la partecipazione di soggetti capaci di introdurre oggi elementi per il futuro presso i tavoli che decidono e poi implementano.
Una visione che salvaguardi gli investimenti e proponga modelli certamente complessi, ma non impossibili.
In definitiva, occorrono soluzioni Smart che riportino nel contesto un tocco umano e conducano al superamento delle contrapposizioni oggi tipiche tra gli stakeholder della Sanità.