clinical data Management

Dati clinici: dall’interoperabilità all’interpretabilità



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In Sanità, la capacità di interpretare i termini e i dati numerici richiede la comprensione del contesto e dipende dallo scopo con cui poi verranno usati: occorre assicurare che l’interpretazione di un dato sia sempre coerente, indipendentemente dalla persona o dal software che lo usa

Pubblicato il 25 feb 2025

Angelo Rossi Mori

Ricercatore IRPPS-CNR – Strategie su Salute in Rete



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La semantica è una scienza a sé, oggi indispensabile per la gestione digitale dei dati clinici: un concetto nasce nella mente, viene espresso come termine in un particolare linguaggio, e infine può essere trasformato in codici per essere elaborato in modo predefinito dal software.

I concetti clinici non sono tutti uguali: una metafora ispirata agli stati della materia cattura efficacemente la loro diversa natura, con conseguenze significative sulla trasformazione da concetto a termine e poi a codice e quindi sulla gestione delle informazioni e della comunicazione in ambito sanitario.

Dati clinici: solidi, liquidi e gassosi

I dati in forma solida convogliano informazioni strutturate, come nomi dei principi attivi nei farmaci e delle misurazioni oggettive. Come i solidi in natura, mantengono una forma stabile e definita, fornendo una base affidabile per decisioni cliniche e ricerca. Quindi, si prestano ad essere elaborati nei sistemi digitali e ad implementare funzioni predefinite che portano Valore agli utenti (es. la gestione delle prescrizioni di farmaci).

I dati in forma liquida emergono dalle interpretazioni professionali di situazioni cliniche (es. osservazioni, diagnosi). Come i liquidi, assumono forme diverse secondo il contesto: es. il profilo del professionista, i suoi obiettivi assistenziali e la sua esperienza.

I dati in forma gassosa comprendono le narrazioni soggettive dei pazienti, gli stili di vita, i determinanti sociali della salute e altre informazioni contestuali. Come i gas, sono difficili da contenere in strutture rigide, ma sono essenziali per comprendere il quadro completo del paziente.

Non tutti i dati nascono solidi

La sanità digitale italiana ha ottenuto successi significativi proprio dove i concetti nascono già “solidi”, con caratteristiche ben definite e stabili (es. farmaci), con alcune misure provenienti da dispositivi medici; questi successi hanno alimentato l’illusione che tutti i dati sanitari siano solidi o possano diventarlo con la stessa facilità. Infatti, anche in ambiti apparentemente oggettivi, come gli esami di laboratorio o le misurazioni da dispositivi, emergono “zone liquide”: variabilità nelle unità di misura, nelle modalità di rappresentazione, nelle soglie di riferimento, nelle modalità di rilevazione.

L’interpretazione di un dato dipende dal suo stato e dal contesto degli altri dati disponibili

In Sanità, la capacità di interpretare termini e i dati numerici, da parte dei professionisti o di un applicativo, va oltre la mera trasmissione del dato (“interoperabilità sintattica”, es. FHIR, IHE), in quanto richiede la comprensione del contesto e dipende dallo scopo con cui poi verranno usati.

Parlare di interoperabilità semantica può quindi essere riduttivo e fuorviante rispetto al vero bisogno: assicurare che l’interpretazione di un dato sia sempre coerente, indipendentemente dalla persona o dal software che lo usa.

Per questo, non basta che quel dato sia allo stato solido, perché le decisioni da prendere e le azioni da compiere sono influenzate dalla comprensione del contesto clinico e sociale complessivo del paziente.
Per esempio, lo stesso termine e il valore associato assumono significati molto diversi alla luce dello stile di vita del paziente, delle sue abitudini alimentari, del suo stato emotivo.

I sistemi attuali, focalizzati quasi esclusivamente sui dati solidi, rischiano di perdere proprio quei dettagli contestuali che permettono un’interpretazione clinica accurata; per un contesto predefinito, anche il software deve poter “interpretare” il sottoinsieme opportuno di dati da elaborare per offrire un Valore percepibile all’utilizzatore.

Mettere insieme dati clinici da fonti eterogenee

Il DM77 sposta il focus sul territorio, ed il PNRR realizza le infrastrutture del FSE e della Telemedicina; si richiede la collaborazione di molti attori intorno all’assistito (e dell’assistito stesso con un eventuale caregiver) che hanno scopi diversi, sono in strutture diverse e, quindi, usano linguaggi propri del loro ambiente.

Dal punto di vista dei dati, si prevede che quelle fonti eterogenee alimentino EDS (Ecosistema Dati Sanitari) locali e nell’EHDS (European Health Data Space): si rischia una Torre di Babele.
In modo simile, l’interpretazione dei dati provenienti dai dispositivi medici nel telemonitoraggio richiede la disponibilità di un sottoinsieme opportuno di dati di contesto.

La soluzione non può prevedere di rendere solidi tutti i dati: un’impresa non solo impossibile ma potenzialmente dannosa, perché la forzatura dei concetti originali in forme predeterminate comporta cambiamenti nelle proprietà dell’informazione. Il vero obiettivo deve essere lo sviluppo di sistemi che sappiano gestire in modo intelligente la sinergia di sottoinsieme di dati in diversi stati. Questo richiede un nuovo approccio alla digitalizzazione, dove il cambio di stato viene applicato solo dove porta reale Valore, e non un obiettivo universale.

La solidificazione dei dati clinici: un processo strategico

La solidificazione dei dati clinici non è impossibile, ma dovrà essere un processo strategico e selettivo. Alcuni esempi di successo esistono già in contesti specifici: i dati liquidi già vengono resi solidi attraverso regole o procedimenti strutturati, come nei protocolli di ricerca, nei registri di malattia, nel Patient Summary o nei tariffari; invece, per i dati gassosi si utilizzano scale che trasformano descrizioni soggettive in valori numerici, oppure questionari validati che convertono esperienze personali in punteggi confrontabili.

Ma il vero potenziale della solidificazione emergerà quando le società scientifiche collaboreranno con i fornitori di tecnologie per standardizzare specifici aspetti della pratica clinica. Questo processo dovrà partire dall’identificazione di aree dove l’interpretazione di un numero ridotto di dati allo stato solido, elaborabili, può portare un forte Valore aggiunto: il follow-up di lungo periodo per le principali patologie croniche.

La chiave è selezionare i termini da rendere solidi basandosi sul Valore clinico, non sulla facilità tecnica. Da una parte devono rendere possibile ai professionisti di interpretare al meglio gli altri dati disponibili nel contesto (in un futuro ormai prossimo anche con l’aiuto dell’AI), dall’altra devono suggerire funzioni digitali capaci di produrre un Valore per gli utenti.

Opportunità per l’innovazione

Vari indizi suggeriscono che un nucleo robusto con meno di 2000 termini allo stato solido, accuratamente selezionati per soddisfare i bisogni informativi nei casi d’uso più rilevanti, può trasformare significativamente l’ecosistema sanitario.

Per ogni caso d’uso specifico su cronicità e fragilità, in iniziative di integrazione sanità-sociale e long term care, si possono individuare alcune decine di termini, oltre quelli solidi già in uso nel software, che vale la pena portare allo stato solido, mantenendo la loro ricchezza informativa, per massimizzare il Valore nei processi di cura: riduzione degli accessi non necessari, interventi preventivi più efficaci, migliore integrazione tra assistenza formale e informale, produzione di indicatori di outcome significativi per la valutazione degli interventi e allocazione ottimale delle risorse.

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