L’ottava edizione del 4T-Tech Transfer Think Tank, l’appuntamento italiano dedicato ai temi del technology transfer, ha toccato un argomento di grande attualità: “La salute digitale e big data: il trasferimento tecnologico dalla parte delle persone”.
Organizzato da Jacobacci & Partners e dall’Università Statale di Milano, l’evento ha avuto tra i suoi relatori esponenti di spicco delle Scienze della Vita, operanti nel settore pubblico e privato, università, centri di ricerche e ospedali.
L’obiettivo era sviluppare soluzioni innovative in ambito medico e farmaceutico, contribuendo al benessere della comunità.
Indice degli argomenti
Digital health: un approccio collaborativo e interdisciplinare
Ha aperto i lavori Enrica Acuto Jacobacci, CEO di Jacobacci & Partners, affermando che, nel nostro Paese, l’obiettivo del 4T-Tech Transfer Think Tank continua a essere fare informazione e formazione, rendendo sempre più consapevoli gli italiani dell’importanza del tech transfer, e favorire il networking tra le persone.
“Anche quest’anno abbiamo scelto di trattare il tema della salute – ha sostenuto Enrica Acuto Jacobacci –, ma non con l’intento di parlare di ciò che abbiamo vissuto nell’ultimo periodo, piuttosto con la volontà di andare oltre e di spostare lo sguardo in avanti per dimostrare che lo sviluppo tecnologico, la ricerca, l’innovazione e un approccio collaborativo possono aiutarci a superare le crisi, anche quelle più gravi”.
“I big data e la salute digitale aprono a scenari interessanti – ha proseguito il CEO di Jacobacci & Partners – che possono essere processati con l’utilizzo della tecnologia, ma con l’intento di essere messi a servizio delle persone per accelerare le cure, per renderle più precise e personalizzate e tutelando anche aspetti come la privacy e la sicurezza del dato. Lo sviluppo della digital health dovrà però essere sostenibile e, per fare questo, servirà ancora di più un approccio interdisciplinare e integrato. Siamo convinti che il progresso, l’innovazione e la tecnologia attraverso il technology transfer possano avere un impatto positivo sullo sviluppo della società e per l’economia”.
Il technology transfer come scambio di conoscenze
Per Maria Pia Abbracchio, Pro-Rettore Vicario e Prorettore delegato a Ricerca e Innovazione dell’Università degli Studi di Milano, la possibilità di sfruttare la grande ricchezza che deriva dai dati sanitari e dal metterli a servizio della salute può dare vantaggi straordinari sia per il monitoraggio dello stato di salute del paziente anche da remoto, sia la personalizzazione della terapia e la prevenzione delle malattie.
“I dati si prestano a essere utilizzati anche per applicazioni di ricerca – ha detto Abbracchio. Da questo punto di vista, l’Italia si trova in una situazione privilegiata per lo sfruttamento di questa grande ricchezza grazie alle politiche di sanità pubblica che hanno permesso, nel corso degli anni, di costruire una varietà grandissima di data lake, grandi set di dati clinici che adesso, però, devono essere scambiati in maniera etica e corretta. L’uso di questi dati pone sfide e, allo stesso tempo, opportunità straordinarie, che però comportano anche una serie di problemi da risolvere. Per esempio, occorre regolamentarne l’accesso, immagazzinarli in maniera armonica in modo che poi possano essere confrontati con dati che provengono da database diversi sfruttando regole di accesso comune per poterli sfruttare al meglio”.
Maria Pia Abbracchio ha quindi posto la sfida di cambiare il senso e la portata del technology transfer. “Leggendo il Programma nazionale ricerca e innovazione 2021-2027 che ha ispirato il Pnrr – ha affermato – non si trova più un riferimento al technology transfer in una filiera monodirezionale. Si trovano, invece, continuamente riferimenti allo scambio di conoscenze, ma in una filiera continua senza separazioni e senza divario”.
Fascicolo Sanitario Elettronico: occorre accelerare
Dal canto suo, Elena Bottinelli, Head of innovation, digitalization e sustainability del gruppo San Donato, ha affrontato il tema della validazione clinica dei dati raccolti e l’attuale scarsa preparazione dei comitati etici su questi temi. “È importante – ha affermato – pensare anche a percorsi di formazione che le università possono impostare per creare figure che siano in grado di supportare nel modo più illuminato questi progetti”.
L’Associate Director, Computational and Chemical Biology, Fondazione Istituto Italiano di tecnologia Andrea Cavalli ha affrontato il tema dell’interoperabilità dei dati affermando che “purtroppo i big data in sanità sostanzialmente non esistono o esistono virtualmente, in quanto la regionalizzazione del sistema sanità fa sì che i fascicoli sanitari siano molto a macchia di leopardo. Di conseguenza, l’interoperabilità del dato sanitario oggi non esiste e gli unici esempi che si possono fare sono intra-ospedali con i quali poi condurre analisi attraverso intelligenza artificiale e machine learning”.
Anche estrarre i dati da un fascicolo sanitario è praticamente impossibile. “Questo sta avvenendo nonostante una legge prevedesse che, entro il 30 giugno 2020, tutti i FSE fossero scritti con i metalinguaggi identificati e quindi la lettura di un layer del fascicolo sanitario avrebbe permesso l’interoperabilità. Quello che in questi tavoli mi trovo sempre a chiedere – ha aggiunto Cavalli – è fissare un tempo zero in cui ricominciare a pensare il fascicolo sanitario su un modello nazionale. Nel Pnrr è previsto e speriamo che questo porti a un’accelerazione”.
Proprietà intellettuale: tutela e valorizzazione delle innovazioni
Negli ultimi anni, uno dei filoni più rilevanti sulle attività di trasferimento tecnologico è stata la tutela e la valorizzazione delle innovazioni in ambito clinico e sanitario, affrontata dal punto di vista delle politiche di sviluppo. Si tratta di attività e programmi realizzati in ambito istituzionale nazionale rivolti al supporto dei processi di trasferimento tecnologico e all’efficacia dei processi in termini di impatto.
Il Ministero dello Sviluppo economico e l’Ufficio italiano brevetti e marchi, sui temi della proprietà intellettuale, ha registrato negli ultimi anni un forte impegno nel supportare i processi di trasferimento tecnologico tra il mondo della ricerca e il sistema dell’impresa in Italia. “Per la prima vota quest’anno – ha commentato Francesco Morgia, Dirigente del Ministero dello Sviluppo Economico – per quanto riguarda la proprietà industriale abbiamo messo a punto un documento programmatico proponendo delle strategie di intervento per il triennio 2021-2023. Quindi, con un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 23 giugno 2021, sono state emanate le linee di intervento strategico sulla proprietà industriale. Questo testimonia un cambio di rotta non solo da un punto di vista difensivo di tutela, ma anche per il sistema imprenditoriale dove la proprietà industriale viene vista come un vantaggio competitivo. Ciò per accompagnare il nostro sistema produttivo nel salto culturale e per metterlo nelle condizioni più appropriate per poter sfruttare dal punto di vista economico tutta la ricerca. Con questa azione abbiamo quindi risposto alle cinque sfide lanciate dalla Commissione Europea che riguardano il miglioramento della proprietà intellettuale:
- migliorare il sistema fiscale
- incentivare l’uso della proprietà intellettuale, in particolare nelle Pmi;
- facilitare l’acceso ai brevetti e la loro conoscenza;
- garantire un rispetto più rigoroso della proprietà industriale;
- rafforzare il ruolo dell’Italia a livello internazionale”.
Ricerca scientifica italiana e creazione di valore economico
La Fondazione Human Technopole sta lavorando a una piattaforma di trasferimento tecnologico nelle scienze della vita con l’obiettivo di diventare una piattaforma per il sistema nazionale dei centri di ricerca degli atenei. Tra i suoi compiti avrà anche il trasferimento tecnologico e l’innovazione. “Conosciamo le debolezze del technology transfer, soprattutto se confrontate con le eccellenze della ricerca scientifica italiana – ha affermato Fabio Terragni, Membro del Board delegato al trasferimento tecnologico, della Fondazione Human Technopol. Guardando, infatti, i dati per output e impatto, la ricerca italiana ha un valore di primissimo piano. Tuttavia, se guardiamo gli indicatori relativi alla creazione di valore economico, start-up, spin-off, investimenti anche in capitale di rischio, occupiamo una posizione che non è all’altezza del mondo della ricerca”.
Per quanto riguarda la normativa oggi presente nel nostro ordinamento e volta a proteggere i campioni e i dati presenti nelle biobanche, Luca Viccarioli, Partner Act Legal Us Avvocati Privacy ha commentato: “Nel nostro Paese, a differenza di altri come Spagna e Belgio, non c’è una disciplina specifica per le biobanche. La normativa che dobbiamo considerare per poter capire come creare, gestire e tutelare i dati fa riferimento a standard internazionali, come il recente accreditamento delle biobanche in base allo standard internazionale UNI ISO 20387, che però è una normativa facoltativa. Il principio cardine della tutela dei dati personali oggi è il GDPR e molte biobanche presenti in Italia non sono adeguate o, comunque, non sono state create in modo conforme a questa normativa. E i ricercatori, per poter accedere ai dati in esse contenuti, e nel contempo utilizzare strumenti come l’intelligenza artificiale per elaborare tali dati e fare vera ricerca scientifica, si trovano a dover fare i conti con le tutele della disciplina sia etiche sia normative. Pertanto, si auspica che il legislatore introduca una normativa ad hoc di tutela”.
L’intelligenza artificiale in ambito sanitario
“I software medici basati su big data e intelligenza artificiale stanno aprendo scenari inediti in ambito sanitario – ha affermato Paola Furiosi, Director PwC TLS –. Tuttavia, tutte le potenzialità offerte dall’AI non ci devono far dimenticare che comportano anche criticità di natura etica e legale. E – proprio riguardo all’etica – l’Oms ha recentemente pubblicato il suo primo rapporto globale sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale in ambito sanitario, stabilendo i criteri etici chiave che dovrebbero guidare l’utilizzo di queste applicazioni in ambito medico”.