Human on a chip

Il corpo umano in un chip

Chip multiorgano: circuiti biologici da laboratorio, delle dimensioni di un vetrino, pensati per imitare la vita. Tra gli obiettivi e le prospettive future, testare e osservare l’effetto dei farmaci senza danni per il nostro io biologico

Pubblicato il 03 Giu 2022

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I team di ricerca della Columbia Engineering e del Columbia University Irving Medical Center hanno messo a punto un sistema di organoidi tridimensionali (cuore, ossa, fegato e pelle artificiali miniaturizzati), posti in vitro in celle distinte, che interagiscono tra loro attraverso canali microscopici che mimano un flusso vascolare.
Il “circuito biologico” da laboratorio è un chip multiorgano che ha le dimensioni di un vetrino da microscopio e imita la vita, consentendo di osservare l’effetto dei farmaci non solo sull’organo bersaglio ma anche sulle pseudo-strutture anatomiche interdipendenti.

Verso la Medicina Personalizzata 

Lo studio, pubblicato di recente su Nature Biomedical Engineering – racconta la genesi e lo sviluppo del chip multiorgano plug & play che potrebbe aprire una nuova era di sperimentazioni farmacocinetiche e tossicologiche.

Il nuovo strumento rappresenta un grosso passo avanti nella ricerca di metodi alternativi alla sperimentazione animale in campo medico. Inoltre, accelera lo sviluppo della Medicina Personalizzata. Difatti, è sufficiente coltivare le cellule di un paziente specifico per riprodurre un “corpo umano in chip” con lo stesso corredo genetico e le medesime alterazioni (per esempio, le cellule tumorali) del soggetto di provenienza. In altre parole, una sua pseudo-copia. In linea teorica e, per molti versi, empirica, il chip multiorgano si presta ai test farmacocinetici delle terapie su misura.

L’idea di base per imitare il corpo umano 

“E’ un enorme risultato per noi: abbiamo trascorso dieci anni conducendo centinaia di esperimenti, esplorando innumerevoli idee e costruendo molti prototipi e ora finalmente abbiamo sviluppato questa piattaforma che cattura con successo la biologia delle interazioni degli organi nel corpo” – ha affermato il coordinatore del progetto Gordana Vunjak-Novakovic, professore di Ingegneria biomedica presso la Columbia University.  “Nel corpo – ha precisato lo scienziato – ogni organo mantiene il proprio ambiente mentre interagisce con altri organi attraverso il flusso vascolare che trasporta cellule circolanti e fattori bioattivi. Quindi, abbiamo scelto di collegare i tessuti tramite la circolazione vascolare, preservando ogni singola nicchia tissutale necessaria per mantenere la sua fedeltà biologica, imitando il modo in cui i nostri organi sono collegati all’interno del corpo”.

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Il chip multiorgano ideato della Columbia Engineering e dal Columbia University Irving Medical Center ha le dimensioni di un vetrino da microscopio e consente la coltura di un massimo di quattro tessuti umani ingegnerizzati (fonte: Columbia Engineering)

Com’è fatto un chip multiorgano

Il plug&play multiorgan chip è, di fatto, una sfida vinta dai ricercatori. Le sue cifre distintive erano frontiere invalicabili solo qualche anno fa.
Per esempio, mimare la comunicazione fisiologica degli organi consente il mantenimento nel tempo delle medesime condizioni vitali dei tessuti, presupposto necessario per studi biologici e biomedici di lunga durata, finora impossibili in vitro.
Ogni organo artificiale è separato dal resto del sistema attraverso barriere di natura endoteliale, permeabili selettivamente, e comunica con l’ambiente circostante solo attraverso i microtubuli pseudo-vascolari, esattamente come avviene nel corpo umano.
Nel flusso vascolare sono stati introdotti i monociti, precursori dei macrofagi, che hanno un ruolo importante nella risposta alle patologie e alle terapie. Inoltre, gli organoidi derivano tutti ​​dalla stessa linea di cellule staminali pluripotenti (iPSC), ottenute da un semplice campione di sangue, al fine di dimostrare la capacità di studi individualizzati e specifici per il paziente.
Il modello presenta enormi potenzialità di sviluppo e permette sperimentazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche di un gran numero di farmaci, dagli antinfiammatori agli anti-tumorali.

“Dopo dieci anni di ricerca sugli organi su chip – ha affermato  Gordana Vunjak-Novakovic – troviamo ancora sorprendente poter modellare la fisiologia di un paziente collegando tessuti di dimensioni millimetriche: il muscolo cardiaco che batte, il fegato che metabolizza, la pelle con le sue funzioni e le ossa che sono cresciute dalle cellule del paziente. Siamo entusiasti del potenziale di questo approccio”.

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I tessuti coltivati ​​nel chip multiorgano della Columbia Engineering e Columbia University Irving Medical Center (da sinistra a destra: pelle, cuore, ossa, fegato e barriera endoteliale) hanno mantenuto la loro struttura e funzione tessuto-specifica dopo essere stati collegati dal flusso vascolare (fonte: Columbia Engineering)

Quello della Columbia Engineering e del Columbia University Irving Medical Center non è certo il primo esperimento del genere.
In apertura del pezzo che state leggendo, giusto per fare un altro esempio relativamente recente, è mostrata la foto tratta da uno studio sul “corpo umano su chip” effettuato nel 2018 dal Mit (Massachusetts Institute of Technology). In questo caso, gli scienziati e gli ingegneri del Mit erano riusciti a collegare tra loro fino a 10 mini-organi: fegato, polmoni, intestino, endometrio, cervello, cuore, pancreas, reni, pelle e muscolo scheletrico.

Chip multiorgano e digital twin

Lo sviluppo di organi artificiali miniaturizzati rappresenta il primo dei due filoni di ricerca di metodi alternativi alla sperimentazione con animali. Molti gruppi di studiosi vi si applicano sin dai primi anni 2000.

I modelli computerizzati di processi metabolici, i cosiddetti digital twin, rappresentano il secondo filone, altrettanto promettente.

Tuttavia, anatomicamente e fisiologicamente, l’essere umano è una struttura troppo complessa e persino misteriosa in molti suoi aspetti: nessuno strumento alternativo, al momento, può riprodurre fedelmente e con quote di attendibilità pari al 100% la reale risposta tossicologica di un organismo umano.
Il sistema “vascolarizzato” di organoidi, però, può mimarlo efficacemente, anche se per un numero molto limitato di funzioni. L’applicazione pratica in laboratorio, quindi, dovrà tenere conto di una tolleranza agli errori ancora ampia.
Attualmente, solo una combinazione di metodologie può aumentare l’attendibilità dei risultati sperimentali, aspetto di cui sono consapevoli anche gli autori dello studio Columbia Engineering-Columbia University Irving Medical Center.
La combinazione del chip multiorgano con la metodologia computazionale, quindi, negli studi futuri sarà la base ideale per l’estrapolazione di dati dalla fase preclinica.

Sperimentazione farmacologica: etica e normativa

Secondo l’European Centre for the Validation of Alternative Methods (ECVAM), non più del 20% delle sperimentazioni su animali può essere sostituito con metodi alternativi che offrano uguale attendibilità. Ciò implica che l’80% degli esperimenti farmacologici debba essere condotto ancora sugli animali da laboratorio.
Il tema è controverso: da una parte, sappiamo che le percentuali di attendibilità delle sperimentazioni animali non supera l’85-90% (Fonte: database internazionale REACH), per via delle differenze genetiche tra l’uomo e qualsiasi altro mammifero; dall’altra, vi è una reale esigenza dell’industria farmaceutica di condurre studi e trial delle nuove molecole, prima di testarle sugli essere umani.

Poi ci sono le questioni etiche, altrettanto importanti in una società civile.
Le recenti misure dell’EMA, volte a minimizzare l’uso dei test sugli animali durante le fasi di sviluppo dei farmaci a uso umano e veterinario, incoraggiano il mondo della ricerca a trovare alternative tecnologiche di pari attendibilità. Sarebbe meglio dire “almeno di pari attendibilità”, perché la quota dell’85-90% garantita dall’uso di animali non può essere considerata un benchmark.

In Europa, lo sviluppo del plug&play multiorgan chip s’inserisce in questo particolare contesto normativo e sarà presto valutato dall’Innovation Task Force dell’EMA.

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