È un dato di fatto che il futuro della sanità in Italia passi per la medicina territoriale. La Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è chiara al riguardo. Anzitutto, evidenzia come in Italia, attualmente, vi siano significative disparità nell’erogazione dei servizi, in particolare in termini di prevenzione e assistenza sul territorio. A queste disparità, si associa un’inadeguata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali, con tempi di attesa elevati per l’erogazione di alcune prestazioni e scarsa capacità di sinergie nella definizione delle strategie di risposta ai rischi sanitari.
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Risorse del PNRR e medicina del territorio
Il PNRR indirizza 7 miliardi di euro alla realizzazione di reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale e 8,63 miliardi di euro per l’innovazione, la ricerca e la digitalizzazione del servizio sanitario nazionale.
Tutto ciò anche attraverso la valorizzazione della medicina a livello locale con la creazione di strutture e presidi territoriali (come le Case della Comunità e gli Ospedali di Comunità) e il rafforzamento dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una più efficace integrazione con tutti i servizi sociosanitari.
Telemedicina: le cure in casa del paziente
L’indicazione che viene del PNRR, dunque, è chiara: la sanità deve essere sempre più vicina alle persone sul territorio. Non solo. Deve addirittura entrare nelle case e i pazienti devono poter essere curati presso il loro domicilio.
Il PNRR mira, infatti, a interventi che portino a potenziare l’impiego della telemedicina, i cui servizi devono diventare un mezzo per contribuire a ridurre gli attuali divari geografici e territoriali in termini sanitari grazie all’armonizzazione degli standard di cura consentiti dalla tecnologia.
Tali servizi devono anche garantire una migliore “esperienza di cura” per i cittadini e migliorare i livelli di efficienza dei sistemi sanitari regionali tramite la promozione dell’assistenza domiciliare e di protocolli di monitoraggio da remoto, compresi tele-assistenza, tele-consulto, tele-monitoraggio e tele-refertazione.
Il PNRR, in tal senso, ha l’obiettivo di raggiungere con cure domiciliari – entro il 2026 – il 10% delle persone con età superiore ai 65 anni.
Un Nuovo Sistema Informativo Sanitario
Più in generale, il progetto prevede non solo il potenziamento dell’infrastruttura tecnologica e applicativa del Ministero della Salute ma, anche, il miglioramento della raccolta, del processo e della produzione di dati del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS) a livello locale.
Riguardo a quest’ultimo aspetto, si punterà, in sostanza, a rafforzare sul versante digitale la sanità territoriale che sarà sempre più distribuita, dotandola della capacità di gestire ed elaborare in loco i dati raccolti.
Il tutto dovrà poi fare riferimento a una struttura centrale, capace di elaborazioni più complesse come, ad esempio, l’analitica predittiva.
Il ruolo chiave dell’edge computing
La struttura del Nuovo Sistema Informativo Sanitario, così com’è proposta dal PNRR, potrebbe essere assimilata a tanti centri di elaborazione locali connessi con un sistema centrale più potente. Se vogliamo, una sorta di “piccoli” cloud periferici collegati con il cloud nazionale. Ognuno dei cloud periferici deve essere in grado di gestire i servizi forniti dalla struttura territoriale sanitaria cui fa capo, compresi quelli assicurati attraverso la telemedicina. Occorrono, in sostanza, strutture di edge computing, ossia sistemi di calcolo configurati in modo da poter soddisfare le esigenze digitali di una sanità “territoriale”, scalabili e modulari così da supportare senza problemi il continuo incremento dei dati che caratterizza l’ambito sanitario.
Alla base di queste strutture troviamo i Micro Data Center. Essi devono poter raccogliere ed elaborare le informazioni provenienti da dispositivi e sensori IoT distribuiti per tenere sotto controllo i pazienti, sia quelli ricoverati nelle strutture sanitarie che quelli monitorati tramite telemedicina presso il loro domicilio.
I vantaggi dell’edge computing per la medicina del territorio
La capacità di raccogliere i dati, processarli e analizzarli senza dover ricorrere al cloud, innanzitutto, elimina le latenze che – in ambito sanitario – possono risultare cruciali. Ci sono situazioni critiche, infatti, nelle quali è fondamentale prendere decisioni in tempo reale (emergenze chirurgiche o di pronto soccorso, monitoraggio remoto dei pazienti…) e riuscire ad accedere ai dati dei pazienti in maniera smart ed efficiente per effettuarne analisi tempestive.
È evidente come, in tali circostanze, l’edge computing svolga un ruolo cruciale poiché consente l’avvicinamento della potenza di calcolo e delle funzioni di analisi ed elaborazione dei dati al punto in cui essi vengono generati.
Il tutto, proprio grazie alla contiguità con i centri di calcolo, garantisce un accesso meno costoso e più affidabile all’immensa mole di dati sanitari che occorre gestire e centralizzare a livello locale (si pensi alla crescente diffusione dei dispositivi IoT con sensori presenti praticamente ovunque, dalle apparecchiature medicali specialistiche nelle strutture sanitarie ai dispositivi wearable indossati dai pazienti, dalle videocamere di sicurezza ai controller ambientali intelligenti).
E senza dimenticare che – proprio a livello territoriale – non è raro imbattersi in aree con connessioni di rete instabili, situazioni nelle quali, ancora una volta, i sistemi edge offrono enormi vantaggi nello scongiurare i tempi di inattività grazie alla prossimità dei centri di calcolo rispetto alla enorme quantità di dati sanitari – generati in locale – da analizzare, elaborare e gestire in tempo reale.
Micro Data Center per la sanità: la soluzione per una operatività costante
Nello scenario appena analizzato, i Micro Data Center devono poter gestire tutti i processi che vengono elaborati in locale, dall’amministrazione fino alle cartelle cliniche elettroniche. Il tipo di impiego li obbliga ad avere la capacità di far fronte a situazioni critiche, assicurando sempre la disponibilità.
Per questo, alla stregua di un tradizionale data center, devono essere adeguatamente resilienti e ridondati, assicurando la gestione da remoto per poter intervenire in caso di necessità.
Un esempio di tali sistemi arriva da Schneider Electric con la sua gamma di Micro Data Center EcoStruxure. Si tratta di apparecchiature di piccole dimensioni che possono, quindi, trovare facilmente posto anche all’interno di ambienti non pensati per i tradizionali data center. Ciò, peraltro, senza cedere a compromessi: in termini di prestazioni, disponibilità, resilienza e ridondanza, infatti, tali sistemi non hanno nulla da invidiare a un normale data center. In configurazione rack chiusa in un piccolo armadio, essi contengono al loro interno tutto quanto serve per poter essere installati ovunque sia necessario implementare e gestire un’infrastruttura di edge computing, includendo alimentazione, raffreddamento, sicurezza e monitoraggio.
Preintegrati e configurabili, sono gestiti tramite il software EcoStruxureIT. Esso permette di monitorare le apparecchiature critiche da remoto, raccogliendo i dati dei sensori in tempo reale e offrendo analisi predittiva e allarmi intelligenti direttamente sullo smartphone.
Schneider Electric ha realizzato una linea di EcoStruxure espressamente per il settore sanitario e – tra le tante altre caratteristiche – ha anche dotato tali apparecchiature di una ventilazione particolarmente silenziosa, della filtrazione dell’aria e dell’isolamento acustico.
Tali sistemi – già affidabili “by design” dal punto di vista generale della sicurezza informatica – sono ingegnerizzati anche rispetto alla sicurezza fisica grazie all’integrazione di innovativi sistemi di monitoraggio, controllo e supervisione in remoto delle implementazioni di edge computing che, per quanto visto, rappresentano sistemi mission critical per tutte le organizzazioni sanitarie.
Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con Schneider Electric