Nell’ultimo decennio, il mercato delle droghe illecite è stato rimodellato dalla proliferazione di sostanze sintetiche prodotte clandestinamente. Questi agenti, denominati Nuove Sostanze Psicoattive (NPS), sono progettati per imitare le azioni fisiologiche delle droghe d’abuso più note, aggirando le leggi sul controllo.
L’identificazione delle NSP emergenti è però difficile a causa della diversità chimica di queste sostanze e della natura fugace della loro comparsa sul mercato illecito.
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L’intelligenza artificiale scopre in anticipo le nuove droghe
Tuttavia, una nuova ricerca promette di aiutare le forze dell’ordine di tutto il mondo a ridurre – da diversi mesi a pochi giorni – i tempi di identificazione di nuove versioni di farmaci psicoattivi.
Lo studio arriva dall’Università della British Columbia (UBC), dove un team di ricercatori ha insegnato a un computer a prevedere le droghe sintetiche ancor prima che queste arrivino sul mercato.
Per farlo, il team di ricercatori ha utilizzato un database di sostanze psicoattive note – fornite dai laboratori forensi di tutto il mondo – per addestrare un algoritmo di intelligenza artificiale ispirato alla struttura e alla funzione del cervello umano.
Sulla base della formazione ricevuta, il modello ha generato circa 8,9 milioni di potenziali “farmaci di design“, ossia di farmaci modificati solo leggermente rispetto all’originale, ma abbastanza perché le leggi esistenti non li proibiscano specificamente.
Queste molecole sono state poi testate su 196 nuovi farmaci di design emersi sul mercato illecito dopo l’addestramento del modello.
I ricercatori hanno scoperto che più del 90% di questi farmaci era presente nel set generato.
In altre parole, il modello è stato in grado di prevedere quasi tutti i nuovi farmaci emersi sul mercato illecito da quando è stato addestrato.
Così l’AI “prevede il futuro” scovando molecole sconosciute
Quanto finora descritto e ottenuto dai ricercatori non risolveva, però, il problema di come identificare facilmente sostanze completamente sconosciute.
Gli scienziati dell’Università della British Columbia hanno scoperto, però, che il modello utilizzato aveva appreso anche quali molecole avessero maggiori probabilità di apparire sul mercato e per quali, invece, ciò fosse meno probabile.
Lo stesso tipo di modello, quindi, potrebbe essere utilizzato per scoprire tutti i tipi di nuove molecole, dall’identificazione di nuovi farmaci che migliorano le prestazioni per il doping sportivo a quella di molecole – precedentemente sconosciute – rintracciabili nel sangue e nelle urine umane.
“Il fatto che siamo in grado di prevedere quali droghe sintetiche possano emergere sul mercato prima che esse appaiano effettivamente – ha spiegato David Wishart, coordinatore dello studio e professore di informatica presso l’Università di Alberta – è un po’ ciò che accade nel film di fantascienza Minority Report, dove la previsione delle attività criminali che stanno per aver luogo contribuisce a ridurre significativamente la criminalità in un mondo futuro. Essenzialmente, il nostro software offre alle forze dell’ordine e ai programmi di salute pubblica un vantaggio sui chimici clandestini e consente loro di sapere cosa cercare”.
“La stragrande maggioranza di questi farmaci di design non è mai stata testata sugli esseri umani e non è completamente regolamentata. Sono una delle principali preoccupazioni di salute pubblica per i dipartimenti di emergenza di tutto il mondo”, ha aggiunto Michael Skinnider, il ricercatore che ha completato la ricerca in qualità di dottorando presso i Michael Smith Laboratories dell’UBC.
Il modello base per generare i farmaci di design ideato dai ricercatori dell’Università della British Columbia è utilizzato dall’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze, dall’Ufficio federale di polizia criminale della Germania, dall’Ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine e dalla Drug Enforcement Agency statunitense.
Lo studio che applica tale modello per individuare le nuove sostanze psicoattive è stato pubblicato su Nature Machine Intelligence.
Droghe: un chip con AI prova anche a sentirne l’odore
Non solo previsione e scoperta di molecole sconosciute e strutture chimiche di sostanze pericolose. Per scovare nuove polveri e pasticche basate su droghe sintetiche potrebbero essere d’aiuto – oltre a quello del team della British Columbia – anche altri studi e ricerche, più o meno recenti, che si concentrano sull’uso delle tecnologie digitali basate sull’intelligenza artificiale per addestrare computer e sistemi informatici a sentire gli odori, dotandoli in qualche modo del senso dell’olfatto e aprendo così la strada al cosiddetto naso digitale.
I meccanismi precisi di come i mammiferi apprendono e identificano gli odori sono stati a lungo un segreto per gli scienziati.
Una nuova ricerca della Cornell University ha però spiegato alcune di queste funzioni attraverso un algoritmo informatico ispirato al sistema olfattivo dei mammiferi.
Tale algoritmo – simulando i meccanismi messi in atto dal cervello umano per sentire gli odori – applicato al chip di un computer, si è mostrato in grado di apprendere i modelli in modo rapido, affidabile e migliore rispetto agli algoritmi di apprendimento automatico già esistenti.
Loihi: il chip neuromorfo di Intel
Il professore di psicologia Thomas Cleland e il ricercatore di Intel Nabil Imam hanno applicato l’algoritmo a un chip per computer Intel.
Tale chip di ricerca, noto come Loihi, è neuromorfo, ossia è ispirato ai meccanismi di funzionamento del cervello, incorporando circuiti digitali che imitano il modo in cui i neuroni comunicano e apprendono.
Utilizzando chip neuromorfici, le macchine potrebbero imparare a identificare schemi o eseguire determinate attività mille volte più velocemente rispetto alle usuali unità centrali o di elaborazione grafica del computer.
L’algoritmo applicato in Loihi è in grado di identificare con successo gli odori anche quando il loro pattern è dell’80% diverso da quello originariamente appreso dal computer.
Google: sentire gli odori delle molecole con le reti neurali
Anche i ricercatori di Google stanno cercando di sviluppare una rete neurale che aiuti un’intelligenza artificiale a identificare le caratteristiche olfattive di una molecola.
La società ha affermato che l’identificazione dell’odore è un problema di classificazione multi-etichetta, il che significa che una sostanza può avere più caratteristiche olfattive.
Per esempio, la vanillina, una sostanza spesso utilizzata per creare un aroma di vaniglia artificiale, ha più descrittori di odore (quali dolce, vaniglia e cioccolato) con alcune caratteristiche più forti di altre. Quindi, per identificare il profilo olfattivo di una molecola, i ricercatori hanno utilizzato reti neurali a grafo (GNN), un modello di deep learning che utilizza i grafici come input.
Il team si è avvalso dell’aiuto di esperti di profumi per creare etichette che possano essere utilizzate per identificare le proprietà olfattive di una molecola.
Il meccanismo con cui le reti neurali mappano gli odori
La rete neurale avvia il processo creando un vettore rappresentativo utilizzando varie proprietà come l’identità e la carica dell’atomo. Quindi, trasmette il vettore a un nodo vicino e passa alla funzione di aggiornamento collettivo per ottenere un vettore per il nodo centrato.
Ogni nodo è rappresentato come un vettore e ogni voce nel vettore, inizialmente, codifica alcune informazioni a livello atomico.
Questo processo viene ripetuto per un livello, quindi continua per più livelli.
In tal modo, le molecole sono trasformate in grafici con informazioni e questi vengono inseriti nei livelli GNN per apprendere una migliore rappresentazione dei nodi.
Questi nodi – infine – vengono ridotti in un singolo vettore e passati in una rete neurale utilizzata per prevedere più descrittori di odore.
Aspettative e futuro della ricerca
I ricercatori di Google hanno affermato che non solo questo modello supera l’efficacia dei metodi precedenti, ma può essere utilizzato per prevedere odori nuovi o non classificati all’interno dello spettro degli odori attualmente conosciuti.
In futuro, il team vorrebbe creare set di dati più aperti per la ricerca in modo che possano essere sfruttati per vari modelli di apprendimento automatico relativi alla percezione digitale degli odori.
L’ambizione sarebbe produrre digitalmente profumi. Il sogno, creare soluzioni per chi non ha (o ha perso) il senso dell’olfatto.
Per ora – dagli studi e dalle ricerche dell’Università della British Columbia, della Cornell University, del chip neuromorfo di Intel e delle reti neurali di Google – ci basterebbe sapere che un giorno, anche grazie all’intelligenza artificiale, nessuno morirà per aver ingerito una delle tante pasticche sintetiche provenienti dal mercato clandestino.