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Population Health Management: come gestire le patologie croniche sul territorio

In Italia, circa 24 milioni di persone hanno una o più patologie croniche. Con gli ospedali assorbiti principalmente nella gestione di acuzie, è necessario curare le malattie croniche sul territorio. Un valido strumento per ottenere questo obiettivo è costruire soluzioni organizzative, tecnologiche e servizi in una logica di Population Health Management. Ne parliamo con Antonio Colangelo, Direttore Ricerca e Sviluppo di GPI

Pubblicato il 13 Apr 2023

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La Population Health Management mette a fuoco i problemi della sanità e affronta i modi in cui le risorse possono essere allocate, nell’ottica di migliorare la salute e l’esperienza di un gruppo di persone che viene definito, appunto, “popolazione”.

Diffusione e trend di crescita delle patologie croniche

In Italia la popolazione è circa di circa 59 milioni di persone. “Quasi 24 milioni di italiani, attualmente, hanno almeno una patologia cronica – osserva Antonio Colangelo, Direttore Ricerca e Sviluppo di GPI, azienda partecipata da Cassa Depositi e Prestiti e pioniera nel mondo della sanità digitale e della telemedicina –. Di questi, il 70% è in una condizione di vita normale, cioè agli esordi o, come spesso si dice, è alla base della piramide del rischio; mentre circa il 15-20% è in una condizione intermedia, una fase nella quale i segni sono più evidenti. Il restante 5% circa dei 24 milioni è affetto da una condizione severa, spesso invalidante”.

Impatto delle patologie croniche su pazienti e sistema sanitario

“È un fatto acclarato che, in Italia, 4 persone su 10 abbiano almeno una patologia cronica e la percentuale aumenta con l’età – afferma Colangelo –. Le conseguenze sono molteplici: anzitutto per chi ne soffre e poi per i suoi familiari, perché con la patologia cronica si ha a che fare per tutta la vita”.

Però, le aspettative sono di vivere al meglio, indipendentemente dalla patologia stessa. Il problema è che se la malattia cronica è amministrata bene, consente di avere una vita normale, altrimenti porta a ricoveri ripetuti e a una diminuzione della qualità e dell’aspettativa di vita della persona.
Una patologia cronica, ovviamente, ha risvolti anche dal punto di vista del sistema sanitario, che si traducono in un aumento dell’assorbimento di risorse e costi.

Sanità e sostenibilità

Il nostro sistema sanitario è un sistema universalistico, cioè tutti hanno diritto all’assistenza indipendentemente da qualsiasi altro fattore. Ma ci sono degli elementi che tendono ad alterare questo equilibrio e a far emergere un evidente tema di sostenibilità. “Perché oggi una persona su 5 ha più di 65 anni e nel 2050 una persona su tre sarà ultrasessantacinquenne – sottolinea Colangelo –. Gli italiani diventano sempre più anziani e fanno meno figli. Di conseguenza, le piramidi dell’età si stanno sbilanciando, e di molto, verso l’alto. La leva demografica porta ad avere un problema di sostenibilità importante”.

Come gestire le malattie croniche?

Un tema di sostenibilità è anche frutto del fatto che negli ultimi trent’anni sono stata fatte scelte di organizzazione sanitaria che non hanno tenuto conto del territorio – sostiene Colangelo -.

La sanità è stata percepita quasi interamente pensando che l’ospedale fosse il luogo di cura per elezione. Sempre di più e sempre per un fatto di ottimizzazione dei costi, l’ospedale è stato percepito e definito come il luogo dove si gestisce l’acuzie e solo quella.

“Ma in questo modo, sguarniamo il territorio – ha evidenziato Colangelo –, quindi per le malattie croniche quale modello di gestione attuare? L’obiettivo primario è naturalmente tendere a deospedalizzare, non spinti da leve di appropriatezza, ma cercando di lavorare sui ricoveri evitabili: le malattie croniche.

Population Health Management: soluzioni, tecnologie e servizi

Colangelo cita un’indagine Sanofi del 2016 sugli ultrasessantacinquenni dalla quale emerge che più dell’80% dei ricoveri ripetuti ed evitabili sul grande anziano sono dovuti alla cattiva aderenza alla terapia.
I motivi sono tendenzialmente due: dimenticanza e interruzione volontaria della terapia.

“Quello che fa GPI da un punto di vista Population Health Management – ha sottolineato Colangelo – è costruire soluzioni organizzative, tecnologie e servizi affinché le persone vengano curate a casa propria. Già da diversi anni creiamo software che non sono semplici gestionali, ma soluzioni in ambito di Population Health Management.
Per esempio, sviluppiamo e mettiamo a disposizione algoritmi di intelligenza artificiale per gestire la stratificazione del rischio, in compatibilità con le prerogative del Garante Privacy, adottando tecniche di aumento, basate su dati sintetici, che escludono un utilizzo secondario dei dati. Pensiamo, in particolare, a quanto definito e richiesto dal DM77. Il nostro obiettivo consiste nel rendere disponibili asset che, a partire dalla stratificazione del rischio all’on boarding del paziente, alla presa in carico complessiva, alla messa a disposizione anche centrale di care management, propongano ed implementino processi proattivi per i pazienti e per interi territori”.

La telemedicina per la gestione delle patologie croniche

Le soluzioni proposte da GPI in tema di gestione tramite telemedicina delle patologie croniche sono state adottate da quattro regioni, “ma altre le utilizzeranno in futuro – promette Colangelo – da un lato perché siamo lo stato dell’arte tecnologico dal punto di vista della medicina a distanza e dall’altro perché, in futuro, la domanda di salute è destinata a crescere a fronte di un tema di stabilità e di sostenibilità. Ritengo che, nei prossimi 2 anni, diventeremo protagonisti di questo processo di cambiamento”.

La voce umana come strumento di diagnosi

Il fatto di essere all’avanguardia sul versante tecnologico, per GPI non significa solo proporre soluzioni all’avanguardia, ma anche, e forse soprattutto, investire in progetti di ricerca e sviluppo nell’ambito della sanità. In particolare, nella direzione della Population Health Management e della possibilità di curare meglio le persone fuori dagli ospedali.

Stiamo investendo nell’Intelligenza Artificiale e, grazie al contribuito di 3.000 dipendenti GPI, abbiamo costruito un sistema che utilizza la voce umana come strumento di diagnosi – fa sapere Colangelo –. Valutando la voce umana non da un punto di vista semantico, ma della sua struttura, dei suoi toni e delle sue frequenze, abbiamo realizzato un sistema validato che ha un’accuratezza di ricerca dell’86%. Questo sistema è in grado, in tempo reale, di discernere fra 5 emozioni prevalenti. Può stabilire se chi sta parlando è nervoso o se “aperto” alla discussione, sta ascoltando con voglia o se, invece, dimostra stanchezza”.

Un progetto ambizioso in collaborazione con le università

È sicuramente un progetto molto interessante, che nasce con l’idea di diventare parte di un sistema più articolato. Per esempio, sarà integrato nella televisita di GPI come plugin. In questo modo, il medico avrà un supporto ulteriore mentre da remoto parla con un paziente. L’analisi della voce gli permetterà di avere un aiuto per comprendere meglio il paziente che ha davanti. “Al momento, siamo in un club molto ristretto, nel mondo, ad avere sviluppato queste capability – aggiunge Antonio Colangelo –. Altri stanno sviluppando qualcosa di simile sfruttando anche le espressioni facciali, che però rendono tutto più complicato. La voce è lo strumento più semplice da far viaggiare in rete. Stiamo per lanciare un programma di ricerca molto rilevante in collaborazione con cinque università italiane. A partire dall’analisi del ritmo della voce e della distanza tra le parole, dall’analisi delle basse e bassissime frequenze, l’obiettivo è isolare biomarcatori di patologie, quindi addestrare reti neurali a riconoscerli, ad esempio in caso di disfunzioni metaboliche, rischio di eventi cerebrovascolari, patologie neurodegenerative. L’obiettivo si estende su un piano triennale” – conclude Colangelo.

Contributo editoriale sviluppato in collaborazione con GPI

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