È almeno un secolo che il mondo della chirurgia non ha dubbi sul valore della tecnologia e dell’innovazione nell’efficacia delle cure.
Oggi, però, con l’intelligenza artificiale e il machine learning, affiancate alla realtà virtuale e aumentata, si possono vedere – nell’arco di pochi anni se non mesi – dei passi avanti significativi e direttamente impattanti sulle probabilità e sulla qualità di vita del paziente.
È il momento di investire energie, tempo e fondi perché tecnologia e medicina procedano sempre di più di pari passo.
Indice degli argomenti
Dalla corrente monopolare all’AI, un secolo di innovazione continua
Nell’antichità, erano i monaci che praticavano la medicina e usavano i primi strumenti rudimentali per risolvere “manualmente” le problematiche cliniche.
La strada per l’innovazione prosegue attraverso l’idea dell’utilizzo della corrente monopolare per tagliare o coagulare i tessuti. Essa fu utilizzata per la prima volta nel 1926 al Peter Bent Brigham di Boston dal chirurgo Harvey Cushing su un brevetto di William T. Bovie che, qualche anno prima, sviluppò il primo generatore per elettrochirurgia all’Università di Harvard.
Con l’avvento della laparoscopia, metodica che consente di inserire degli strumenti nell’addome gonfiato da gas ed esplorare la cavità addominale per eseguire gli interventi “da fuori”, prendeva piede l’idea che ridurre l’invasività di una procedura con il supporto della tecnologia fosse una strada da percorrere.
Essa fu inizialmente utilizzata per ispezionare il fegato o la pelvi femminile (celioscopia) ed applicata per la prima volta da Kurt Semm il 13 settembre 1980, giorno in cui eseguì la prima asportazione dell’appendice in laparoscopia, quest’ultima poi migliorata e sviluppata da Erich Muhe che, nel 1985, eseguì la prima colecistectomia laparoscopica.
Negli anni ’80 prendeva parallelamente piede l’idea che un robot potesse essere di ausilio per il chirurgo, inizialmente a supporto per gli interventi ortopedici e poi per tutta la chirurgia.
Robot e IA: il paradigma dell’uomo come modello
Alan Turing, matematico inglese negli anni della Seconda guerra mondiale, colui che per primo riuscì a costruire un decrittatore automatico di Enigma, codice militare tedesco, fu anche colui che ipotizzò e teorizzò la comparsa di una “macchina intelligente” del tutto simile all’uomo e con l’uomo come modello ultimo di crescita tecnologica.
Questo shift di paradigma, in cui è la macchina che, per svilupparsi e migliorare, deve assomigliare all’uomo, è il mainstream attuale nel campo della ricerca tecnologica in medicina.
L’intelligenza artificiale, nel pieno del suo boom di interesse, altro non fa che far assurgere l’uomo a modello più evoluto della tecnologia stessa. I processi complessi alla base dell’Intelligenza Artificiale si rifanno alle reti di interconnessione neuronale proprie del processo cognitivo ed applicativo dell’uomo, il linguaggio (Natural Processing Language) e l’apprendimento autonomo (Supervised and Unsupervised Machine Learning) sempre più simili al processo di comunicazione ed elaborazione delle informazioni proprie dell’uomo.
Come cambierà la vita del chirurgo nei prossimi 10 anni
Come sarà la “Ten Years Challenge” del chirurgo? Quali sono le sfide della tecnologia che cambieranno la vita del chirurgo nei prossimi 10 anni?
Le esigenze che il chirurgo pone nei confronti della tecnologia sono le seguenti:
- aiuto nell’interpretazione corretta delle indagini e nella formulazione di una diagnosi precisa
- ottimizzazione dei processi di decision making e analisi dei rischi
- minimizzazione delle complicanze
- miglior orientamento in anatomie complesse con supporti di visualizzazione avanzati
- analisi e miglioramento dei processi diagnostici e terapeutici delle complicanze
- analisi predittiva di risposta al trattamento
- facile accesso ai big data a scopi di ricerca scientifica
- miglioramento dei programmi di training
- miglior compliance del paziente alle procedure.
L’Intelligenza Artificiale sta cercando di rispondere a tutti i quesiti.
IA e diagnosi: la Radiomica sarà la nuova rivoluzione
Attualmente, la diagnosi viene fatta mediante l’interpretazione di dati clinici e delle immagini ricavate dalle indagini radiologiche (analisi qualitativa). Il chirurgo assimila gli input e, sulla base della propria esperienza e mediante logiche deduttive, formula una diagnosi e propone, alla luce delle linee guida riconosciute, un percorso di terapia.
L’Intelligenza Artificiale nasce come supporto all’interpretazione delle immagini mediante un’analisi quantitativa. Nasce così la Radiomica, in cui algoritmi di AI estraggono dati quantitativi delle immagini radiologiche (soprattutto TAC e Risonanza Magnetica) e rimodellano i dati ottenuti in un output utilizzabile dal clinico.
La Radiomica consente, per esempio, di diagnosticare e classificare una lesione d’organo, caratterizzarla e predire una risposta al trattamento sulla base della sola TAC o Risonanza Magnetica. Questo processo è tanto più virtuoso quanti più dati vengono immessi e correlati con l’outcome.
Numerosi studi di Radiomica sono già stati pubblicati, ma già adesso siamo in grado di affermare che sarà questa la nuova rivoluzione nel campo della diagnosi.
Ad integrazione della Radiomica c’è anche la Patomica. Essa prevede l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale in campo anatomo-patologico.
La fusione dei risultati ottenuti consentirà di predire la presenza di alcune mutazioni genetiche all’interno di un tumore o predire la risposta ad uno specifico trattamento semplicemente con una biopsia, integrando il risultato con le informazioni ricavate tramite Radiomica.
E’ ancora presto per quantificare con precisione l’impatto sull’accuratezza diagnostica e la stima della riduzione degli errori, ma le premesse sono molto incoraggianti.
Tanto quanto questi processi saranno accessibili e veloci, tanto più rappresenteranno un ausilio imprescindibile.
Ottimizzazione dei processi di decision making e analisi del rischio
I chirurghi, nell’esercizio della loro professione, compiono decisioni complesse e rischiose, affrontando fattori di rischio modificabili, gestendo le complicanze e ottimizzando l’uso delle risorse.
In Italia, si stimano 35mila denunce per malpractice all’anno a carico dei chirurghi anche se, di fatto, il 90% finisce in un nulla di fatto.
Il processo di scelta di un percorso diagnostico-terapeutico si basa sull’esperienza personale, sul grado di confidence acquisita e su di un processo deduttivo ipotetico gravato, però, dal bias del giudizio personale.
Gli errori di giudizio e diagnostici, errori prevenibili, sono la principale causa di complicanze.
In un modello di decision-making di tipo ipotetico-deduttivo, le informazioni ricavate dalla visita del paziente, dal colloquio con il paziente o con i parenti, consentono al clinico di formulare delle ipotesi diagnostiche basate sulla probabilità più alta. Questo processo, deduttivo ma poco analitico, è gravato anche da molti altri fattori confondenti:
- expertise personale
- aspetto emotivo
- aspettative personali del medico o del paziente
- senso di urgenza e pressioni psicologiche.
In ultimo, non sono da sottovalutare le scorciatoie euristiche, basate sul pregiudizio o sulla ricerca di conferma dell’ipotesi diagnostica formulata in precedenza.
I modelli automatici di intelligenza artificiale, basati sull’immissione automatica di dati clinici (EHR o Electronic Health Records), consentono di sopperire a queste debolezze.
Ciò prevede di digitalizzare l’immissione di dati clinici e di monitorare costantemente gli outcome con lo scopo di affinare il processo di Machine Learning e fornire al clinico una risposta multiparametrica di ipotesi diagnostiche e percorsi possibili coadiuvandolo nel processo di decision making.
VR e AR: l’intelligenza artificiale in sala operatoria
La fase chirurgica è sicuramente quella più delicata in cui è più evidente la necessità del supporto tecnologico.
Gli ausili tecnologici si dividono in due categorie principali: la visualizzazione e l’automazione robotica.
Virtual Reality e Augmented Reality sono divenuti un presente imprescindibile.
I modelli 3D, ricostruiti virtualmente partendo dalle scansioni TAC, consentono di visualizzare e modificare il modello per orientarsi all’interno di anatomie complesse (ad esempio fegato, rene, encefalo o nei grandi tumori retroperitoneali). Questo è tanto più utile quanto maggiore è la variabilità del modello reale e quanto più ci sia la necessità di “consultare” il modello anatomico nel corso dell’intervento chirurgico.
Il supporto virtuale semplifica il processo di deduzione mentale 3D ricavato dalla visualizzazione di immagini radiologiche convenzionali 2D. Alla base di tale processo si sta sviluppando la tecnologia di Realtà Virtuale. Essa aggiunge una maggiore immersività nel campo operatorio e una maggior aderenza alla realtà fisica.
La Realtà Aumentata rappresenta, in chirurgia, un ulteriore passo avanti rispetto alla virtualità perché consente di proiettare l’anatomia “in double-layer” sul campo operatorio, di ottenere un più rapido e preciso riconoscimento delle strutture e di facilitare le procedure chirurgiche.
Se tutto ciò è utile per il chirurgo durante interventi complessi, la Realtà Virtuale, con la definizione di modelli aderenti all’anatomia del singolo paziente, è tanto più utile per i chirurghi in formazione, per i quali l’apprendimento del gesto chirurgico e delle varie fasi dell’intervento passa attraverso la simulazione preoperatoria del gesto chirurgico.
Analoga utilità, in Realtà Aumentata, si ha come supporto nel riconoscimento delle strutture anatomiche durante l’intervento chirurgico.
VR e AR si sono dimostrate modalità molto efficaci nel training chirurgico, con abbattimento della curva di apprendimento, rapida riduzione delle manipolazioni inefficaci e degli errori e abbattimento rapido dei tempi operatori.
Il futuro della chirurgia robotica
La chirurgia robotica, già da tempo utilizzata anche per procedure complesse (prostata, chirurgia addominale), prevede l’ausilio di un robot chirurgico manipolato dal chirurgo.
Essa consente di:
- diminuire l’invasività
- annullare il tremore fisiologico
- mantenere la mobilità dello strumento simile a quella del polso umano
- migliorare la visione con l’ausilio di schermi ad alta definizione 3D.
Ciò, però, a cui molti centri di ricerca stanno puntando, è la possibilità di aggiungere gradi sempre più progressivi di automazione.
Il futuro sarà un robot chirurgico in grado di supportare in autonomia le procedure chirurgiche, analizzando il sito chirurgico e applicando modelli di manipolazione controllata degli organi e processi di automazione su comando vocale.