Cosa ti aspetti, speri, auspichi, per la Sanità Digitale in Italia nel 2025? Su cosa occorre puntare perché funzioni davvero, cosa la frena ancora, quali le problematiche più urgenti da risolvere, le tematiche più interessanti per chi deve portare innovazione e per le aziende e startup di settore che devono scegliere e programmare i settori d’investimento più interessanti per il proprio business?
È quanto la redazione di HealthTech360 ha chiesto ad alcune delle sue firme abituali (CEO, CIO, Presidenti di Associazioni per la Sanità Digitale e degli Osservatori di settore, docenti e ricercatori universitari…).
Di seguito, la vision emersa dai primi contributi finora raccolti dalla redazione, ma ne seguiranno molti altri nelle prossime pubblicazioni.
La Sanità Digitale in Italia, come avrete modo di leggere, sta vivendo un periodo di profonda evoluzione e trasformazione e, perché sia davvero capace di portare valore al sistema Sanità, è necessario un ripensamento e un pensiero critico che – coinvolgendo tutti gli attori di questo complesso e articolato processo d’innovazione – possa condurre a vincere le sfide che ancora ne frenano la piena adozione nel nostro Paese.
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Sanità Digitale 2025: le 5 aree prioritarie
La Sanità Digitale si conferma una delle aree più promettenti e strategiche per il futuro dei sistemi sanitari globali e, in particolare, per il contesto italiano – dice a HealthTech360 Chiara Sgarbossa, Direttrice Osservatorio Sanità Digitale, Politecnico di Milano -. All’interno del PNRR, essa riveste un ruolo cruciale per rafforzare l’efficienza, l’accessibilità e la sostenibilità del sistema sanitario.
Il 2025 – prevede Sgarbossa – sarà un anno chiave per lo sviluppo di 5 aree prioritarie:
- Telemedicina
Il 2025 rappresenterà l’anno della messa a terra delle piattaforme regionali di telemedicina, progettate per offrire servizi uniformi su tutto il territorio nazionale a professionisti sanitari e pazienti. Sarà fondamentale ripensare i processi di cura, integrando soluzioni di telemedicina, sia per migliorare la collaborazione tra i diversi attori coinvolti nella gestione del paziente, sia per garantire la continuità assistenziale; - Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)
Nel 2025 sarà fondamentale proseguire il processo di alimentazione dei documenti del FSE, con particolare attenzione alla recente introduzione della dematerializzazione delle ricette bianche (art. 54 della Legge di Bilancio 2025). Sarà altrettanto importante coinvolgere i cittadini, attraverso iniziative educative e informative che li rendano consapevoli delle potenzialità del FSE. Inoltre, sarà necessario continuare a investire nelle competenze digitali di medici e operatori sanitari per sfruttare al meglio questo strumento; - Intelligenza Artificiale (AI)
Nel 2025, oltre alla sperimentazione della Piattaforma di Intelligenza Artificiale a supporto dell’assistenza primaria, sarà prioritario individuare e implementare nuove applicazioni dell’AI a supporto dei professionisti sanitari. Saranno necessarie linee guida e strumenti specifici per l’uso corretto dell’AI generativa, attualmente impiegata principalmente per la ricerca e l’analisi scientifica. In futuro, questa tecnologia potrebbe supportare i medici nella produzione di documenti amministrativi e nella creazione di piani di cura personalizzati; - Terapie digitali (DTx)
La regolamentazione delle terapie digitali rappresenterà una priorità per il 2025. Normare gli ambiti di utilizzo e definire criteri di valutazione e approvazione permetterà di promuoverne la diffusione, come già avviene in Paesi come Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti. Per favorire l’adozione delle DTx in Italia, sarà necessario avviare sperimentazioni mirate a misurare i benefici per i pazienti, l’impatto sul lavoro dei medici e le ricadute sull’intero sistema sanitario; - Competenze digitali
Lo sviluppo delle competenze digitali sarà un pilastro trasversale a tutte le aree di innovazione. Oltre alla formazione tecnica sui nuovi strumenti (eHealth Competences), sarà importante educare professionisti sanitari e cittadini a un uso consapevole delle tecnologie (Digital Soft Skills). Particolare attenzione andrà riservata alle fasce più anziane e fragili della popolazione, sfruttando le infrastrutture di prossimità, come Case di Comunità, farmacie e sportelli di supporto digitale, per facilitare l’accesso ai servizi digitali.
Terapie Digitali: cosa possiamo aspettarci per il 2025
Il 2025 sarà un anno critico per le terapie digitali, le tecnologie digitali patient-facing per le quali attenzione ed interesse sono maggiori – dice a HealthTech360 Giuseppe Recchia – CEO e co-Founder daVi Digital Medicine e Vice-Presidente Fondazione Tendenze Salute e Sanità –, intervenuto di recente anche ai Coffee Talk di HealthTech360 sul tema “Terapie Digitali: una grande opportunità per l’Italia”.
Entrata ed uscita nel 2023 la prima (e finora unica) terapia digitale in Italia – prevede Recchia – il nuovo anno dovrebbe vedere l’ingresso nel nostro Paese di alcune delle digital therapeutics in uso da anni negli Stati Uniti e in Germania. Ingresso favorito dai primi, attesi interventi formativi di ampie dimensioni su medici e farmacisti, che potranno in tal modo completare la teoria scolastica con la pratica esperienziale, provando sul campo una o più di queste nuove terapie.
Su un altro versante, la presentazione della nuova proposta di legge c.2095 «Disposizioni in materia di terapie digitali» di Quartini ed altri, ha risolto le criticità evidenziate in una precedente proposta.
Seppure improbabile l’approvazione nel 2025, queste proposte di legge “in materia di terapie digitali” alimentano la discussione istituzionale ed offrono a startup italiane, investitori, imprese internazionali – fino ad oggi rimasti spesso incerti e dubbiosi – un messaggio importante sulla volontà del nostro Paese di percorrere una nuova ed innovativa strada della terapia medica
Mantenere o recuperare la Salute è un fine, la Sanità uno dei mezzi per conseguirlo – sottolinea Recchia -. Modifica dei comportamenti ed empowerement del paziente sono per le malattie croniche mezzi altrettanto rilevanti. Oggi le tecnologie digitali utilizzate dal paziente (patient-facing Digital Health Technologies) rappresentano nuovi, fondamentali strumenti per abilitare la modifica di comportamenti e stili di vita disfunzionali e promuovere il ruolo proattivo del paziente nei confronti della propria malattia.
Il 2025 può rappresentare un anno di svolta per alcune categorie della medicina digitale patient-facing.
Con l’avvio della operatività della telemedicina da parte del Servizio Sanitario Nazionale, atteso nei primi mesi del 2025, emergerà l’opportunità prima e la necessità dopo di completare la televisita con l’acquisizione di dati del paziente, in modalità continuativa o intermittente, attraverso applicazioni di monitoraggio e controllo (Patient monitoring) che il paziente deve usare e gestire in prima persona.
Misurare parametri è necessario, non sufficiente per la gestione della propria salute. L’erogazione di interventi basati sul software, con applicazioni gestite dal paziente per aiutare il paziente ad autogestire la malattia o per trattarla, sono tra le maggiori innovazioni nell’ambito della salute.
Il 2025 – auspica il CEO daVi Digital Medicine – potrà essere per l’Italia l’anno in cui si afferma l’idea che per ogni malattia, soprattutto cronica, deve essere disponibile una applicazione digitale che consenta ai pazienti di autogestire la propria malattia, attraverso formazione, informazioni, consigli, raccomandazioni, supporti (Care Supports). In cui l’impresa farmaceutica, in parallelo, potrà maturare sempre più consapevolezza sulla necessità che ogni farmaco sia completato da una applicazione digitale dedicata, che garantisca al paziente le condizioni ottimali d’uso e permetta di ottenere, grazie a questo approccio bio-digitale, la maggior efficacia reale, spesso diversa da quella teorica.
La disponibilità allargata di tali applicazioni per autogestire la malattia ed ottimizzare la terapia non sarà certamente immediata, ma la consapevolezza della loro necessità rappresenta la base fondante per il loro sviluppo e la loro applicazione.
Sanità Digitale: 2025 anno della svolta?
Il 2025 per la Sanità Digitale credo che sia l’anno della svolta – dice a HealthTech360 Claudio Franzoni, Partner and Senior Advisor Healthcare Innovation P4I -. A fine giugno dovranno essere terminati i principali progetti di digitalizzazione dei DEA, nei mesi successivi completati i progetti FSE 2.0 e la piattaforma di Telemedicina che, nell’insieme, hanno trascinato la trasformazione che da anni auspichiamo. Ma ciò rappresenta il nuovo punto di partenza perché, una volta abbracciato il digitale, questo diventa pervasivo e genera la necessità di estenderlo a tutti gli operatori ed i cittadini ed a tutti i servizi.
Il digitale che funziona, semplice, fruibile, pensato per le persone è un elemento da cui non si può più tornare indietro. Avremo, quindi, fiumi di dati strutturati e di informazioni che ci consentiranno di affrontare la prossima evoluzione: l’orchestrazione dei processi clinici e sanitari.
Con l’orchestrazione entriamo nel cuore del motore operativo delle strutture, aggregando i dati dai diversi sistemi per fornire la visione di processo end-to-end in modo da comprendere, rimodulare ed ottimizzare i flussi di lavoro, le risorse e la qualità dei servizi, anche con un supporto predittivo fornito dalle tecnologie di AI.
Il buon risultato dei progetti dipende fortemente dalle strategie di “Adoption” che saranno definite dalle strutture per accompagnare operatori e cittadini nella migrazione verso il digitale, argomento che spesso viene sottovalutato nelle realizzazioni e su cui è necessaria una “rivoluzione culturale”, tanto quanto lo è stata per il passaggio dalla telefonia fissa agli smartphone.
Un ultimo pensiero – sottolinea Franzoni – è per le strutture sanitarie private (convenzionate e non) che non avendo ricevuto i finanziamenti PNRR, rischiano di avere un passo diverso nei servizi digitali rispetto alle strutture pubbliche. L’opportunità che vedo è nell’adottare anche in questo settore le strategie e tecnologie di digitalizzazione, da “follower” (utilizzare le “best practices” che funzionano spesso è un vantaggio), migliorando e personalizzando i servizi, con investimenti in proprio orientati a ottimizzare l’efficienza operativa, la governance ed il rapporto-legame con il paziente/cittadino.
2025: puntare sull’implementazione degli investimenti del PNRR
Il prossimo anno occorre puntare su una importante implementazione degli investimenti del PNRR, come ad esempio l’adozione delle piattaforme regionali di telemedicina integrate con la piattaforma nazionale – dice a HealthTech360 Alberto Panese, Direttore S.C. Analisi e Sviluppo Sistemi di Controllo – Agenzia di Controllo del Sistema Socio Sanitario Lombardo -. Questo passaggio, unito alla digitalizzazione dei processi di assistenza e cura che coinvolgono le strutture ospedaliere e le strutture territoriali, potrà governare al meglio i processi e la piena condivisione delle informazioni sanitarie nel rispetto della privacy.
Un altro elemento chiave – secondo Panese – riguarda il potenziamento del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE 2.0). Esso è cruciale per garantire una piena condivisione dei dati tra tutte le regioni italiane, comprendendo anche i dati raccolti dai sistemi di telemedicina. Nella versione 2.0 del FSE, ben normato dal decreto del ministero della salute del 7 settembre 2023, è prevista inoltre anche la possibilità di poter visualizzare le immagini, come ad esempio quelle prodotte in radiologia, medicina nucleare e via dicendo.
Panese auspica che – così come sta facendo Regione Lombardia nella implementazione di queste progettualità e nella informatizzazione di nuovi processi clinici, come ad esempio la Digital Pathology – anche tutte le altre regioni possano rendere operative le progettualità programmate nel solco della missione 6 del PNRR. Sarà quindi decisivo incrementare le competenze digitali dei professionisti sanitari, come già previsto dalla Missione Salute, consentendo loro di utilizzare al meglio le potenzialità e le funzionalità offerte dalla digitalizzazione.
Tuttavia, per far funzionare tutto questo – sottolinea Panese – è necessario aumentare anche la consapevolezza di una parte del middle e top management degli enti socio sanitari, poiché, considerata la trasversalità di questi progetti, è necessario che si diffonda la coscienza che ogni singolo progetto è legato all’intera istituzione e non alla singola struttura o, peggio ancora, al singolo dirigente.
Tutti gli enti sanitari hanno ormai in organico validi professionisti con solide basi e ottimi skill come fisici sanitari, ingegneri clinici, informatici, gestionali, analisti. È importante, quindi, che il management individui dei professionisti all’interno del proprio organico con competenze trasversali e dotati di leadership, che possano fungere da elemento di raccordo tra le varie strutture interne e regionali ma anche con le RTI che implementano i progetti sull’ente.
Nonostante gli ostacoli da superare, Panese considera inarrestabili queste evoluzioni e implementazioni.
Le aziende e startup di settore devono saper individuare i risvolti applicativi e di sviluppo di interesse, come le competenze di project management e lo sviluppo di applicazioni di IA nei vari ambiti applicativi come, ad esempio, nei sistemi di supporto alla diagnostica, nei sistemi di analisi dati, nell’assistenza sanitaria preventiva, ma anche nella medicina personalizzata, senza dimenticare il ruolo che presto avranno, oramai anche in Italia, le terapie digitali.
Il ruolo cruciale dell’Intelligenza Artificiale in Sanità
Ormai, seppur spesso distorto nel suo significato, il concetto di Intelligenza Artificiale è divenuto di dominio pubblico e anche i professionisti della salute sono chiamati a comprendere potenzialità e limiti di questa tecnologia – dice a HealthTech360 Luigi De Angelis, Presidente Società Italiana Intelligenza Artificiale in Medicina (SIIAM), già ospite dell’edizione 2023 dei Coffee Talk di HealthTech360 -.
Questo processo di innovazione – osserva De Angelis – dovrebbe essere più inclusivo possibile, in termini di coinvolgimento delle diverse figure professionali e prospettive. Coniugando chi raccoglie i dati e ne conosce i possibili bias, chi analizza i dati e addestra i modelli, gli esperti di dominio che hanno una visione di insieme rispetto a come integrare questi strumenti nelle attività quotidiane e, in ultimo, ma non per importanza, coloro che ne saranno maggiormente impattati: i pazienti.
L’auspicio è che l’ingresso dell’AI in sanità non avvenga con le stesse modalità che hanno caratterizzato la digitalizzazione dei dati sanitari, un processo che è stato spesso subito passivamente dal personale sanitario, ritrovatosi costretto ad utilizzare tecnologie non desiderate che ostacolano invece di semplificare.
Per il nostro sistema sanitario, che ha evidenti problemi di sostenibilità, con i professionisti della salute sovraccaricati da carenze di personale e dal peso della burocrazia, l’Intelligenza Artificiale, comprensibilmente, rappresenta un barlume di speranza. Ma è necessario superare i sensazionalismi, identificare i casi d’uso di maggiore impatto ed impegnarci per produrre evidenze solide di sicurezza ed efficacia.
L’intelligenza artificiale non è una panacea, ma uno strumento potente nelle mani di professionisti consapevoli – sottolinea De Angelis -.
Per le aziende che sviluppano soluzioni di AI in ambito sanitario non è sufficiente sviluppare un agente di AI verticale nella propria piattaforma. Il valore si può creare solo capendo come integrare questo strumento nei processi già esistenti e, in collaborazione con gli esperti di domino, capire quando e dove l’AI generativa apporta un beneficio.
In quest’ottica, non serve sviluppare modelli generalisti (foundation models), in grado di completare con risultati soddisfacenti tantissimi task in diverse aree cliniche, bensì sono molto più utili modelli verticali, magari costruiti a partire dai foundation models, che si concentrano su uno o pochi problemi di una determinata disciplina.
Tra le aree che potrebbero beneficiare maggiormente dell’intelligenza artificiale – prevede De Angelis – c’è sicuramente la sanità pubblica, sia per la mole di dati a disposizione che per l’impatto sulla popolazione. Non limitiamoci a pensare all’intelligenza artificiale negli ospedali ma anche sul territorio, nelle aziende sanitarie locali e nelle cure primarie – esorta il Presidente SIIAM -. Non soltanto per diagnosi, scelte terapeutiche e prognosi, ma anche per prevenzione e supporto amministrativo.
Sanità Digitale nel 2025: potenziale immenso, ma molte criticità
La Sanità Digitale in Italia rappresenta una delle sfide più complesse e affascinanti per il prossimo anno, con un potenziale immenso ma ancora molte criticità da affrontare – dice a HealthTech360 Domenico Marino, Professore associato Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria -. La speranza principale è che il 2025 possa essere l’anno in cui la digitalizzazione del sistema sanitario faccia un salto di qualità, rendendo i servizi più accessibili, efficienti e personalizzati per i cittadini.
Una delle aree su cui occorre puntare è l’interoperabilità delle piattaforme e dei dati sanitari.
Attualmente, uno dei principali ostacoli è rappresentato dalla frammentazione dei sistemi regionali e dalla difficoltà di comunicazione tra i vari attori coinvolti: ospedali, ASL, medici di base e pazienti.
Creare un’infrastruttura unica e sicura, che consenta lo scambio rapido e protetto dei dati sanitari, è cruciale per garantire un servizio efficace e integrato.
Le tematiche legate alla sicurezza dei dati e alla privacy continuano a rappresentare una problematica urgente. Gli attacchi informatici ai sistemi sanitari sono in crescita, e ciò evidenzia la necessità di investire in tecnologie avanzate di cybersecurity e di sensibilizzare gli operatori sanitari sull’importanza della protezione dei dati personali dei pazienti. Questo è un ambito strategico per le aziende del settore, che possono sviluppare soluzioni innovative per garantire la sicurezza delle informazioni.
Un altro aspetto fondamentale è l’adozione diffusa di strumenti di telemedicina, Intelligenza Artificiale (AI) e medicina predittiva.
La pandemia ha dimostrato l’utilità della telemedicina, ma per farla funzionare davvero occorre investire in infrastrutture tecnologiche solide e nella formazione del personale medico.
L’AI, invece, può essere un alleato prezioso nella diagnostica, nel monitoraggio dei pazienti cronici e nell’ottimizzazione dei percorsi di cura, mentre la medicina predittiva apre nuove frontiere nella prevenzione, consentendo di anticipare l’insorgenza di patologie attraverso l’analisi dei dati e l’identificazione precoce dei fattori di rischio.
Tuttavia, è necessario superare le resistenze culturali e regolatorie che ancora frenano l’adozione di queste tecnologie. Infine, è importante favorire la nascita e lo sviluppo di startup e PMI innovative nel settore della sanità digitale. Questo richiede incentivi economici, accesso a fondi pubblici e privati, e la creazione di ecosistemi collaborativi tra università, centri di ricerca e aziende.
Il futuro della sanità digitale in Italia dipenderà dalla capacità di coordinare gli sforzi tra pubblico e privato, dalla visione strategica degli investimenti e dall’impegno a superare le barriere tecnologiche e culturali che ancora ostacolano l’innovazione. Solo così potremo costruire un sistema sanitario più equo, innovativo e sostenibile.
La persona e i suoi bisogni al centro della rivoluzione
La Sanità Digitale va pensata come casa del cittadino: umanizzazione e accoglienza digitale diventano sempre più necessità non d’eccezione, ma di ordinaria gestione dei percorsi, pensati oltre ogni genere, sanando quel gap che ancora troppo limita lo sviluppo sanitario – dice a HealthTech360 Laura Patrucco, Presidente Associazione Scientifica per la Sanità Digitale (ASSD) – intervenuta di recente anche ai Coffee Talk di HealthTech360 proprio sul tema “Stato dell’arte e futuro della Sanità Digitale in Italia”.
Quando si parla di futuro, di aspettative, innovazione, il richiamo è a concetti come sostenibilità, competenze, modelli. Altrettanto, quando si parla di Salute e Sanità, inevitabile pensare al cittadino/paziente utente, alla sua (non) alfabetizzazione, all’accesso a servizi fruibili, proprio per rendere la Salute un Bene Comune.
L’avvento del digitale ha definito nuove traiettorie concettuali e operative, il challenge è trovare un bilanciamento del bisogno e del diritto di salute con la sostenibilità economica. Indispensabile sviluppare una E-Health che combini realmente la tecnologia con l’in-formazione del personale sanitario e amministrativo e a seguire dell’utente paziente o caregiver che sia; altrimenti, ci troveremo innanzi ad un bias del digitale. In questo si configura il pensare l’alfabetizzazione culturale del perché sia necessario definire in primis il bisogno innanzi al servizio, ragionare l’accesso al servizio digitale come un accesso equo, progettato per le realtà anche più decentralizzate. Diversamente il digitale resta discriminatorio, in pieno bias culturale.
Come possiamo, dunque, immaginare il volto human dell’Healthcare con il digitale, AI compresa? Competenze tecnologiche e culturali persona-centriche, all’insegna di quelle soft skills che permettano accoglienza digitale democraticamente sostenibile, parte di una sanità informata e partecipata.
Il futuro della salute digitale dipende anche dagli obiettivi che ci diamo. Il mondo sanitario dovrà sottoscrivere un patto di fiducia, creando un ecosistema digitale che ponga in equilibrio la persona in ogni sua declinazione.
È ormai essenziale, in tale sottoscrizione, trovare una strategia per inserire le donne nella mappa del digitale, oggi, ma soprattutto in futuro.
In questo scenario ASSD – osserva il Presidente – anche con la sua la Commissione Donne, propone un’ADVOCACY dedicata con interventi a supporto della cultura del digitale, con lo scopo di aumentare le competenze nella tecnologia e per favorire la rappresentanza anche delle donne nel mondo del lavoro e nei ruoli di leadership.
Ecco dunque il concetto del PEOPLE e dall’ENGAGEMENT, con il digitale per il digitale, con lo stesso parallelismo che caratterizza il patient journey, nulla sul paziente senza il paziente. Questo perché la prima forma di prevenzione culturale per garantire benessere, accesso, cura, è la conoscenza condivisa, secondo etica e tecnicismo, binomio di cura, unitamente a quello sguardo al femminile che rende la community stessa promotrice di identità.
Come in ogni cambiamento che si rispetti – sottolinea Patrucco – serve giusto pensiero critico, creatività e intelligenza artificiale umanizzata perché emotiva.
La rivoluzione della sanità è sempre più rivoluzione antropologica. Oggi abbiamo la possibilità di ridisegnare il mondo Lifescience, ma la direzione in cui lo faremo e l’effetto che otterremo dipenderà dalla capacità di connessione in primis umana. Il salto è guardare non solo alla trasformazione fine a se stessa, ma al mondo human come alla variabile indipendente, perché solo così si potrà autenticare la tecnologia, di qualunque genere essa sia.
Sanità Digitale 2025: cosa si aspettano le Aziende Ospedaliere
Scrivere le proprie aspettative per la Sanità Digitale nel prossimo anno assomiglia un po’ ad una letterina a Babbo Natale – dice a HealthTech360 Paolo Campigli, CIO Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi -. Nel senso che le Aziende Ospedaliere si aspettano un regalo, a dire il vero anche più di uno, dall’Amministrazione Centrale. E quello più importante riguarda le persone.
Veniamo da anni di sostanziale blocco del turnover nei ruoli ICT, e non è mai iniziata una vera “campagna acquisti” nel campo della cybersecurity. Questo per motivi di bilancio, di difficoltà di reperimento risorse, di scarsa appetibilità delle posizioni offerte.
C’è poi qualcuno che ha pensato che l’esternalizzazione di questi ruoli potesse essere risolutiva: non sono d’accordo, e la cronaca di tutti i giorni sta lì a dimostrarlo. Se pensiamo, per esempio, alla sicurezza antincendio, tutte le aziende sono dotate di cartellonistica, estintori, vie di fuga, scale antincendio e tutto ciò che serve per ridurre sia il rischio che i danni di un evento incendiario. Ma non basta. Il personale deve seguire corsi obbligatori (i corsi “626”, dal nome del decreto che li istituì), esistono dei piani di evacuazione e dei ruoli da rispettare: squadre antincendio, squadre primo soccorso, addetti alla sicurezza.
Mi chiedo perché quando si parla di cybersecurity l’aspetto umano venga sistematicamente trascurato, come se l’installazione di un firewall, la configurazione di un antivirus e le patch di sistema potessero essere di per sé sufficienti. Non è così. Uno degli slogan più ripetuti nel settore è “la sicurezza informatica è un processo, non un prodotto”. E come processo ha bisogno di persone che la tengano in piedi. E ha bisogno di lavoratori formati, almeno sui concetti fondamentali della sicurezza informatica, mentre spesso manca anche la formazione base IT.
Purtroppo, si pensa troppo spesso che regole emanate ed applicate “senza maggiori oneri per l’Amministrazione” siano sufficienti. Rischiano, viceversa, di trasformarsi in grida manzoniane, sbandierate ed inapplicabili. Quindi, caro Babbo Natale, non ti chiedo server, o storage, o nuove applicazioni: nel 2025 regalami qualche bravo collega in più.