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Perché Digitale (in Sanità) fa rima con Sostenibilità

Pubblicato il 06 Ott 2023

Massimo Mattone
Massimo Mattone

Direttore Responsabile HEALTHTECH360.it

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Che non possa esservi Sostenibilità senza il Digitale, appare ormai sempre più evidente. Ne avevo parlato, ad esempio, qui, sottolineando l’intima relazione tra tecnologia, innovazione e sostenibilità. Uno stretto rapporto di correlazione e interdipendenza che pone digitalizzazione e sostenibilità quali driver principali per le aziende del nostro Paese.

Ed è un criterio la cui validità si estende a tutte le industry. Anche – e verrebbe da dire, soprattutto – alla Sanità. Che vive una sorta di paradosso tra il suo status e la sua mission, sempre più orientata alla One Health e, quindi, a un concetto di salute dell’uomo legata a doppio filo a quella del suo ecosistema.

Già, perché, come snocciolato da molti studi e ricerche, il settore Healthcare è responsabile del 4-5% delle emissioni totali di gas serra in atmosfera, arrivando all’8,5% negli Usa.

La Sanità, dunque, il cui obiettivo di fondo è garantire Salute e Benessere a tutti i cittadini, vive nella contraddizione di rappresentare uno dei settori tra i più inquinanti.

D’altronde, gli ospedali – per loro natura – sono strutture caratterizzate da un fabbisogno energetico molto elevato.

Basti pensare che il consumo specifico di energia in ospedale è superiore di circa 3 volte rispetto a quello per uso abitativo. Ciò – come spiegato in questo nostro approfondimento – soprattutto per assicurare all’interno delle strutture sanitarie la continuità del servizio 24 ore al giorno tutti i giorni dell’anno e, contemporaneamente, condizioni salubri e di sicurezza – ad esempio per il trattamento dell’aria – che a loro volta richiedono strumentazioni e attrezzature complesse ed energivore.

Ma perché gli ospedali sono così energivori?

Si tratta di strutture che hanno una composizione molto variegata –  si legge nel suddetto approfondimento – e che, perciò, sono caratterizzate da peculiarità tipiche di differenti tipi di ‘consumatori di energia’. Si va, per esempio, dalla degenza, che implica servizi propri del settore immobiliare/alberghiero, alle grandi centrali di cogenerazione/trigenerazione che, invece, hanno caratteristiche tipiche del settore della generazione e della trasformazione di energia. Inoltre, nelle strutture sanitarie viene spesso svolta attività di ricerca (con le specificità tipiche dei centri universitari e di ricerca) e possono essere presenti anche centri di riabilitazione che presentano, invece, necessità più vicine a quelle di un centro sportivo.

Chiaramente, per ogni struttura sanitaria i consumi variano in funzione dei servizi offerti.
Tuttavia, un fattore comune è che, in tutte le strutture, l’energia viene utilizzata sotto forma di energia elettrica, termica e frigorifera. Tutto ciò perché, per esempio, c’è da soddisfare la necessità di climatizzare gli ambienti sia d’inverno sia d’estate o da assicurare il ricambio dell’aria in quelle zone dove solitamente non si aprono le finestre (o, comunque, non molto spesso), come nel caso delle sale operatorie o dei reparti di terapia intensiva.
Un importante contributo ai consumi lo forniscono anche le apparecchiature diagnostiche. Esse, infatti, hanno una rilevante richiesta di energia sia per l’alimentazione sia per la dissipazione termica (soprattutto per quelle dedicate alla diagnostica per immagini).

Come uscire, allora, da questo impasse?
Chi e cosa può aiutare la Sanità ad essere più Sostenibile?

Una grande mano può darla senza dubbio il Digitale. Che in Sanità è (e sarà) sempre più sinonimo di Sostenibilità. E per diverse ragioni.

Si pensi, ad esempio, alla Telemedicina, elemento cardine della Sanità Digitale.

Il suo impatto sulla sostenibilità (non solo ambientale) è evidente.
Innanzitutto, quale elemento abilitante per l’equità di accesso alle cure: una grande opportunità che può aumentare il livello di esigibilità del diritto alla salute dei cittadini, la sostenibilità e l’innovazione del Sistema Sanitario Nazionale – spiega Tonino Aceti, Presidente Salutequità.

E poi c’è l’impatto positivo sull’ambiente: la Telemedicina, infatti, come suggerito e quantificato da molti studi, tra i quali uno di Altems, contribuisce alla riduzione della CO2.
Restituendo, peraltro, tempo prezioso a medici e pazienti e aumentando in tal modo anche l’efficienza delle organizzazioni sanitarie, impattando positivamente sulla sostenibilità economica del SSN.

E la Sanità Digitale non è solo Telemedicina: si pensi, per citare qualche esempio, a queste tecnologie e/o approcci e all’impatto potenziale sulla sostenibilità della Sanità:

  • dispositivi wearable
    Il monitoraggio remoto dei pazienti limita gli spostamenti per le visite mediche, contribuendo a ridurre le emissioni di CO2, le visite in ambulatorio e i ricoveri ospedalieri, contenendo così i costi dell’assistenza sanitaria (anche attraverso la potenziale prevenzione delle complicanze)
  • dematerializzazione
    La digitalizzazione dei dati sanitari limita l’uso di carta, contribuendo a ridurre l’impronta ambientale del settore sanitario. Si pensi, inoltre, alla Cartella Clinica Elettronica, al Fascicolo Sanitario Elettronico o al semplice utilizzo di referti e ricette elettroniche che, tra i tanti altri vantaggi, consentono ai pazienti di non recarsi necessariamente presso le strutture sanitarie, con ovvie conseguenze sulla diminuzione dell’inquinamento dovuto agli spostamenti e all’utilizzo di supporti cartacei
  • data driven health
    Che i dati salvano vite, è ormai ben noto agli addetti ai lavori del settore Healthcare. Ma un approccio guidato dai dati offre grandi vantaggi anche per la sostenibilità del Sistema Sanitario. Grazie ad esso, infatti, le strutture sanitarie sono in condizione di prendere decisioni che impattano in maniera positiva sull’efficienza, sulla sostenibilità economica e sulla qualità dell’assistenza sanitaria, con potenziali conseguenze importanti anche per la riduzione dell’impronta ambientale.

Appare evidente, dunque, come puntare sulla Sanità Digitale – accelerando sulla sua concreta diffusione e applicazione – possa rappresentare la marcia in più per viaggiare verso la tanto necessaria (e, troppo spesso, solo sbandierata) sostenibilità della Sanità.

Ma come si stanno muovendo le aziende sanitarie italiane verso la sostenibilità?
Qual è la loro propensione a integrare i temi della sostenibilità socio-ambientale nelle proprie strategie e politiche?

Qui le buone notizie, ma anche quelle che suggeriscono che si possa e si debba fare molto di più, provengono, ad esempio, da un interessante studio ALTIS Università Cattolica-CERISMAS -BCG-Quantis.

Queste le principali evidenze emerse:

  • il 36% delle aziende ha già formulato una strategia di sostenibilità sociale e ambientale chiara e articolata
  • il 42% delle aziende è impegnato attivamente nel definire i propri piani di sostenibilità
  • il 60% delle aziende è attualmente impegnato nella realizzazione o sperimentazione di iniziative di sostenibilità sociale e ambientale a beneficio di pazienti e clienti
  • il 73% delle aziende riferisce di adottare criteri di sostenibilità nel prendere decisioni sull’allocazione delle risorse dedicate a investimenti futuri, sebbene, nella maggior parte dei casi, non in maniera sistematica.

Bene così, verrebbe da dire! Se non per alcuni aspetti, ancora da migliorare:

“Nonostante i risultati dello studio dimostrino con chiarezza un impegno significativo delle aziende del settore sanitario nell’adozione di pratiche sostenibili – si legge nello studio – l’impiego di indicatori volti a misurare l’impatto di questi programmi è ancora limitato, specie in aree di performance meno tradizionalmente esplorate, come quella ambientale […].

Nonostante i promettenti risultati emersi – osservano gli autori della ricerca – l’approccio alla sostenibilità è ancora acerbo nel nostro Paese e fatica a entrare nei meccanismi operativi aziendali, come dimostra il numero limitato di aziende che si è dotato di una figura dedicata alla gestione degli aspetti ESG o che misura obiettivi di sostenibilità secondo standard internazionali riconosciuti”.

Come uscirne?

Occorre puntare sempre più sulla diffusione della cultura della sostenibilità dentro e tra le organizzazioni sanitarie. E – per facilitare questo processo – “è necessario promuovere un approccio sistematico e strutturato alla sostenibilità che parta dalla definizione di obiettivi chiari, concreti e misurabili, per arrivare alla misurazione e alla rendicontazione degli impatti generati, mettendo a fattor comune le migliori esperienze presenti sul territorio”.

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