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Terapie digitali in Italia: a che punto siamo?



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Piacciono a tutti come fossero parole magiche: eppure, nel mondo,si contano sulla punta delle dita. E, nel nostro Paese, ancora non esistono terapie digitali autorizzate. Ma cosa sono davvero? Facciamo chiarezza… (APPROFONDIMENTO IN CONTINUO AGGIORNAMENTO)

Aggiornato il 29 lug 2024

Eugenio Santoro

Unità di ricerca per la sanità digitale e le terapie digitali, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS



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Aggiornamento: Novembre 2023

Sanità digitale e terapie digitali: come si sta muovendo l’Italia?
di Eugenio SantoroUnità di ricerca per la sanità digitale e le terapie digitali, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

Di sanità digitale e terapie digitali, in Italia, se ne parla da alcuni anni in maniera sempre più diffusa.

Qui – su HealthTech360 – diverse (si vedano anche gli approfondimenti riportati di seguito a quello che state leggendo) sono state le occasioni in cui chi scrive ha avuto modo di illustrarne le potenzialità.

Altri approfondimenti qui pubblicati individuano nella scarsa chiarezza del percorso di validazione clinica e dell’assenza di rimborsabilità da parte del servizio sanitario nazionale le barriere principali allo sviluppo di terapie digitali in Italia.

Le terapie digitali nell’agenda politica italiana

La novità è che tali argomenti sono entrati recentemente nell’agenda politica e diversi parlamentari hanno iniziato ad affrontarli in maniera più decisa rispetto al passato.

Risale ai primi giorni di maggio l’insediamento dell’intergruppo parlamentare su sanità digitale e terapie digitali, nato su iniziativa dell’On. Simona Loizzo, il cui compito è definire un comune indirizzo regolatorio per le terapie digitali, assicurando un accesso omogeneo, a livello sia nazionale sia regionale, agli strumenti della sanità digitale.

Il principale obiettivo dell’intergruppo – coadiuvato da un Comitato Tecnico Scientifico (a cui chi scrive appartiene) in grado di garantire un supporto scientifico al legislatore per favorire l’implementazione nel nostro Paese di approcci innovativi per il trattamento dei pazienti – è creare i presupposti di tipo normativo e regolatorio (tramite un’apposita legge che dovrebbe essere scritta in 18 mesi) che permetta l’accessibilità e la rimborsabilità delle terapie digitali e degli strumenti di sanità digitale.

Proposta di legge e definizione di terapie digitali

Il lavoro dell’intergruppo si è concretizzato in una proposta di legge depositata il 7 giugno scorso (Proposta di Legge num.128, prima firmataria On. Loizzo “Disposizioni in materia di terapie digitali“).

La proposta definisce le terapie digitali (o digital therapeutics) come “tecnologie che offrono interventi terapeutici guidati da programmi software di alta qualità”.

Ricordando che, dal punto di vista regolatorio, le terapie digitali sono classificate a livello europeo come dispositivi medici (ai sensi del regolamento UE 2017/745). La proposta di legge prende spunto dai modelli e regolamenti già attivati in diversi Paesi Europei.

La gestione degli strumenti di sanità digitale e le terapie digitali in Europa

La Germania è il Paese che, primo fra tutti, si è dotato di una legge che regolamenta la prescrivibilità da parte di medici e la rimborsabilità di strumenti digitali in ambito medico. Approvato dal Parlamento tedesco a novembre 2019 ed entrato in vigore a gennaio 2020, il Digital Healthcare Act-DVG prevede un percorso di valutazione fast-track per la rimborsabilità dei DiGA (Digital Health Applications, una versione più estesa delle terapie digitali che comprende anche strumenti digitali per la gestione, la diagnosi e il monitoraggio delle malattie).
Il rimborso è garantito da parte delle assicurazioni tedesche in una finestra temporale di 12 mesi entro i quali i produttori degli strumenti (i quali devono essere approvati almeno come dispositivi medici al fine di certificarne la sicurezza clinica) devono fornire prove di efficacia clinica provenienti da studi clinici controllati randomizzati, pena l’esclusione dalle lista delle tecnologie prescrivibili.

A marzo di quest’anno la Francia ha avviato un percorso di accesso rapido al mercato e di rimborsabilità da parte della sanità pubblica per le terapie digitali e i sistemi di telemonitoraggio.
Il percorso PEC-AN (Prise en Charge Anticipée des dispositifs medicaux Numeriques) è un regime transitorio che permette il rimborso temporaneo (della durata di un anno) per gli strumenti digitali che sono aderenti agli standard definiti dalla legge.
In particolare, tali strumenti devono appartenere al sottogruppo dei dispositivi medici che hanno natura digitale (Digital Medical Devices) e che sono improntati alla cura con obiettivi terapeutici, oppure ai sistemi di telemonitoraggio.
Per entrambe le categorie di strumenti devono essere garantite interoperabilità e sicurezza/privacy dei dati.
Il Comitato per la valutazione dei prodotti sanitari (CEPS) è responsabile della valutazione e può aggiungere questa tipologia di strumenti all’elenco dei prodotti rimborsabili in base ai miglioramenti dimostrati per la condizione clinica del paziente.

Anche il Belgio si è unito ai Paesi europei nei quali sono in vigore leggi di questo tipo, con il rimborso di strumenti digitali (appartenenti alla categoria dei dispositivi medici) che avviene durante tutto il periodo di conduzione della sperimentazione clinica valutativa.

Terapie digitali: la proposta italiana

La proposta di legge italiana si compone di 4 articoli.

ARTICOLO 1

L’articolo 1 intende definire le terapie digitali e i campi di intervento per i quali possono essere utilizzate (e rimborsate).

Sono definite terapie digitali gli interventi terapeutici mediati da software per prevenire, gestire e trattare un disturbo medico o una malattia, modificando il comportamento del paziente al fine di migliorarne gli esiti clinici.

Nell’articolo 1 si specifica che le terapie digitali sono caratterizzate da un principio attivo digitale (riconducibile a un algoritmo terapeutico) responsabile del risultato clinico e da un eccipiente digitale (come, per esempio, i servizi di promemoria, i sistemi di ricompensa e quegli strumenti in grado di aumentare l’engagement del paziente).

L’articolo 1 definisce anche gli ambiti clinici (le malattie cardio-metaboliche, l’endocrinologia/diabetologia, le neuroscienze/salute mentale, le aree riabilitative e l’oncologia) nei quali le terapie digitali possono essere rimborsate.

ARTICOLO 2

L’articolo 2 stabilisce che, entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge, debba essere istituito il Comitato di valutazione delle terapie digitali.

La sua composizione prevede la partecipazione di 10 elementi:

  • 5 membri nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province del autonome di Trento e Bolzano
  • 3 membri nominati da Agenas
  • 1 membro nominato dal Ministero della Salute
  • 1 membro nominato dell’AIFA.

Compito del Comitato di valutazione, che l’articolo 2 stabilisce essere presieduto da uno dei membri nominati da Agenas, è fornire indicazioni preliminari e orientative sulle terapie digitali al fine della loro immissione nel percorso fast-track per l’inserimento nei livelli di assistenza (LEA).

ARTICOLO 3

L’articolo 3 stabilisce l’istituzione di un osservatorio permanente sulle terapie digitali al fine di monitorare tempestivamente gli sviluppi scientifici e tecnologici delle terapie.
Il fine ultimo è garantire che le terapie digitali appartenenti alla lista degli strumenti digitali rimborsabili continuino a fornire nel tempo le garanzie di efficacia che ne hanno determinato l’ingresso.
Compito dell’Osservatorio è anche presentare alle Camere un rapporto annuale sull’evoluzione delle terapie digitali e sulla disponibilità di nuove tecnologie tra le patologie nelle quali è prevista la rimborsabilità.

ARTICOLO 4

Per ultimo, l’articolo 4 stabilisce che Agenas si faccia carico dell’individuazione delle terapie digitali da inserire nei LEA, nell’ambito di un percorso dedicato e accelerato per le medesime terapie digitali. Ai fini del suo inserimento nei LEA, lo stesso articolo specifica che una terapia digitale debba essere stata oggetto di almeno due studi clinici con evidenza di alta qualità.

Le domande che rimangono inevase

La proposta di legge ha il merito di definire alcuni punti importanti. Per esempio, la necessità di inserire una terapia digitale nei LEA ai fini della sua rimborsabilità, la conduzione di un certo numero di studi (almeno due) con evidenze di alta qualità, l’identificazione di un meccanismo di fast track (che viene incontro alla eventuale rapida obsolescenza tipica degli strumenti digitali) attraverso il quale il Comitato di valutazione deve fornire direttive certe al fine di una loro immissione nei LEA.

Alcune parti possono essere certamente migliorate. Per esempio, la proposta non chiarisce la classe di rischio del dispositivo medico, necessaria per l’appropriata produzione di evidenze cliniche.

Inoltre, non stabilisce il disegno degli studi clinici volti a valutare la sua sicurezza ed efficacia:

Saranno necessarie sperimentazioni cliniche (di superiorità) randomizzate?
Oppure sperimentazioni cliniche randomizzate di non inferiorità?
Il braccio di controllo dovrà essere puro oppure il confronto dovrà essere fatto (dove possibile) rispetto a un placebo digitale?
Quali outcome clinici saranno considerati necessari?
Su quali basi scientifiche si stabilisce che la rimborsabilità può avvenire nelle aree mediche/patologie indicate nella proposta di legge?

Queste e altre domande rimangono in attesa di una risposta.


Terapie digitali in Italia, a che punto siamo?
di Eugenio SantoroUnità di ricerca per la sanità digitale e le terapie digitali, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS

Un numero incredibile di aziende tecnologiche, nel corso di quest’ultimo anno, si è lanciata nel mercato delle terapie digitali, che già nel 2019 ammontava a 1.7 miliardi di dollari e che alcuni studi stimano possa raggiungere i 9.4 miliardi entro il 2028 (ma qualcuno ipotizza addirittura prima, nel 2024).

Terapie digitali, le due “parole magiche”

Ogni giorno, assistiamo ad annunci – da parte delle società afferenti a tale mercato – dello sviluppo e del lancio delle loro terapie digitali. Merito, anche, della forza di attrazione del termine. Due parole che, immediatamente, riportano al concetto di strumento digitale per la cura/assistenza dei pazienti, molto più nobile, agli occhi di molti, dei termini “app per la salute” o “app mediche” che andavano per la maggiore fino all’anno scorso. Il tutto amplificato dagli innumerevoli convegni ed eventi in ambito tecnologico nei quali le aziende presentano le loro soluzioni, i loro “case study” in sessioni specificatamente rivolte alle “digital therapeutics”, come tali terapie sono definite in inglese.

Cosa NON sono le terapie digitali

Chiariamo subito le cose. Su questo argomento esiste una grande confusione data dalla limitata conoscenza della definizione di terapie digitali. Per spiegare cosa sono, è forse più facile spiegare cosa non sono.

Non sono terapie digitali quegli strumenti hardware e software che si limitano a fornire informazioni sulle patologie senza esserne parte attiva (come le app informative), che raccolgono dati che non sono utilizzati per fornire alcun servizio al medico o al paziente, come per esempio le app rivolte al benessere (tanto per capirci, quelle che favoriscono l’esercizio fisico o la corretta alimentazione) o quelle che forniscono servizi come la prenotazione o la refertazione. Questi sono strumenti di digital health spesso appartenenti al mondo dei gadget, per i quali non esistono prove di efficacia (clinica) o anche solo di affidabilità/sicurezza della validità delle informazioni fornite o dei dati raccolti.

Non sono terapie digitali neanche quegli strumenti che misurano parametri fisiologici, anche quando sono sottoposti a validazione clinica, o quando sono registrati come dispositivi medici.
Per esempio, non sono terapie digitali i braccialetti o gli orologi intelligenti in grado di identificare (anche con una affidabilità scientificamente dimostrata) episodi di fibrillazione atriale, o quei sistemi che trasformano uno smartphone in un ecografo (anche quando approvato da un ente regolatorio), o le pillole intelligenti composte da farmaco e sensore biocompatibile (anche quando approvate da Food and Drug Administration, l’ente regolatorio americano di farmaci e dispositivi medici).

E non sono terapie digitali tutte quelle soluzioni (digitali) che:

  • permettono di monitorare (e – per quanto possibile – gestire automaticamente) i sintomi e le reazioni avverse a certi farmaci dei pazienti seguiti da casa (che siano basati su tecnologia indossabile o frutto di dati riportati direttamente dai pazienti, i cosiddetti Patient Report Outcome) affinché i medici possano essere allertati nelle situazioni di emergenza
  • permettono di promuovere, anche attraverso semplici reminder, l’aderenza al trattamento farmacologico

Non sono terapie digitali nemmeno i cosiddetti Patient Support Program (PSP), strumenti digitali che molte aziende farmaceutiche stanno implementando per aiutare a gestire le patologie dei pazienti presso le loro abitazioni. Il fatto, poi, che questi strumenti siano basati su modelli di intelligenza artificiale, non cambia affatto le cose.

Al massimo, tutti questi strumenti possono essere inquadrati nel campo della “digital medicine” o medicina digitale, sempre che siano stati validati scientificamente attraverso studi clinici e che siano approvati da enti regolatori come dispositivi medici.

Cosa sono (davvero) le terapie digitali

Le terapie digitali sono altro. Sono quelle tecnologie che “offrono interventi terapeutici che sono guidati da programmi software di alta qualità, basati su evidenza scientifica ottenuta attraverso sperimentazione clinica metodologicamente rigorosa e confermatoria, per prevenire, gestire o trattare un ampio spettro di condizioni fisiche, mentali e comportamentali”.

Il trattamento delle terapie digitali si basa su modifiche del comportamento o degli stili di vita e sulla applicazione (digitale) di interventi cognitivo-comportamentali attraverso l’implementazione di linee guida e programmi. Possono avere la forma di app, ma anche quella di videogioco, di sistema web-based, di realtà virtuale.

La prima caratteristica fondamentale delle terapie digitali è che lo strumento digitale deve fornire una vera e propria cura. Spesso, tali terapie sono accompagnate da foglietti illustrativi che illustrano la posologia e gli effetti collaterali.
Per esempio, la “dose” consigliata di Endeavor (un videogioco approvato come terapia digitale da Food and Drug Administration per aumentare la concentrazione nei bambini che soffrono di ADHD) è di 25 minuti al giorno 5 giorni alla settimana per 4 settimane (che poi è lo schema oggetto dello studio clinico a supporto della terapia).

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Endeavor è un videogioco approvato come terapia digitale da FDA (fonte: Akili Interactive)

La seconda caratteristica fondamentale è che le terapie digitali possono definirsi tali solo al termine di una sperimentazione clinica randomizzata confermatoria condotta su molti pazienti (NON sono validi gli studi pilota, tanto per intendersi).
Non diversamente da quanto avviene per misurare l’efficacia dei farmaci (i cui risultati sono alla base della eventuale approvazione di un ente regolatorio), si utilizzano le sperimentazioni cliniche randomizzate, modelli di ricerca che prevedono di confrontare l’efficacia su specifici esiti di salute (che devono essere scelti prima dell’inizio dello studio clinico) dello strumento di digital health nei pazienti che lo usano rispetto a quelli che non lo usano (che impiegano, cioè, la cosiddetta cura standard).
Per evitare possibili distorsioni, l’assegnamento di un paziente al braccio di intervento (tecnologico) o al braccio di controllo avviene in maniera del tutto casuale. Soltanto se l’efficacia dell’intervento è superiore (in maniera statisticamente significativa) rispetto a quella ottenuta nel braccio di controllo, si può pensare di sottomettere lo studio (e quindi lo strumento) a un’agenzia regolatoria per l’approvazione come terapia digitale.

Una volta approvate da un ente regolatorio, le terapie digitali potrebbero essere prescritte dai medici e rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale oppure, come avviene in Germania o negli Stati Uniti, dalle assicurazioni.

Le (vere) terapie digitali si contano sulla punta delle dita

Esistono soltanto alcune decine di terapie digitali nel mondo. Tra le altre, la Food and Drug Administration ha approvato ReSET (un’app che offre una terapia cognitivo-comportamentale per curare chi soffre di problemi di dipendenza e abuso di oppiacei), l’app BlueStar Diabetes per la gestione dei pazienti diabetici (agendo su esercizio fisico e alimentazione i pazienti “trattati” vedono ridursi l’emoglobina glicata in maniera significativa rispetto ai corrispondenti controlli non “trattati”), programmi online come quelli di Omada Health per aiutare a perdere peso diminuendo il rischio cardiaco, oltre alla già citata Endeavor (videogioco per aumentare la concentrazione in età pediatrica).

Diverse sono poi le terapie digitali per smettere di fumare, le quali, implementando programmi nazionali e internazionali per la cessazione da fumo e fornendo stimoli motivazionali e supporto alla pianificazione, si sono dimostrate efficaci e di conseguenza autorizzate al commercio (insieme al programma terapeutico sperimentato) dai principali enti regolatori.

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Terapie digitali approvate nel mondo (fonte: Tendenze Nuove – n.1/2021)

In Italia? Le terapie digitali autorizzate non ci sono ancora

In Italia, purtroppo, le cose non procedono come nel resto del mondo.
Sarà per la mancanza di una cultura adeguata da parte dei medici verso le nuove tecnologie, sarà per l’insufficiente conoscenza, da parte di startup e sviluppatori, del metodo scientifico che porta alla validazione clinica e alla dimostrazione della efficacia (clinica) degli strumenti che realizzano, sarà per la carenza di una regolamentazione del fenomeno delle terapie digitali, ma certo è che le terapie digitali – nel nostro Paese – pur essendovi alcune imprese attive e progetti avviati in questo settore – non sono così conosciute e sviluppate. Al punto che ad oggi, in Italia, non vi sono ancora terapie digitali autorizzate.

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Imprese di terapie digitali attive in Italia (fonte: Tendenze Nuove – n. Speciale 1/2021)

Una maggiore conoscenza della tematica da parte degli sviluppatori (per quanto riguarda la metodologia di ricerca clinica) e da parte dei clinici (degli aspetti tecnologici), unita a una maggiore disponibilità alla collaborazione tra produttori e centri di ricerca abituati a usare questa metodologia, potrebbe aiutare a uscire dalla confusione e realizzare, anche in Italia, le prime terapie digitali.

Per approfondimenti sulle terapie digitali si suggerisce la lettura del documento “Terapie digitali: un’opportunità per l’Italia”, di cui chi scrive è coautore.


Aggiornamento: Luglio 2023 (Redazione Healthtech360)

Negli ultimi anni, le terapie digitali (DTx) stanno guadagnando un riconoscimento globale rispetto alla loro potenzialità di migliorare la salute del paziente.
Questi “software per uso medico”, destinati a trattare o alleviare una malattia, un disturbo, una condizione o un infortunio, forniscono un intervento sanitario che ha un impatto terapeutico positivo dimostrabile sulla salute del paziente.

Nel contesto del quadro regolatorio europeo, le DTx sono classificate come dispositivi medici, fornendo interventi terapeutici di comprovata efficacia clinica.

Terapie digitali: la situazione in Italia ed in Europa

Molti Paesi stanno riconoscendo l’esistenza di questa sottocategoria di dispositivi medici software, di natura digitale, in grado di avere un impatto terapeutico positivo. Tuttavia, esiste la necessità di definire criteri di valutazione specifici per il loro valore in termini di Health Technology Assessment (HTA) e politiche di accesso e rimborso che siano adeguate per la loro specifica natura digitale.

Il Belgio, ad esempio, nel 2018 ha lanciato l’iniziativa mHealthBelgium. Questo programma mira a integrare le app per la salute, certificate come dispositivi medici, nel sistema sanitario. Le app che rispondono ai requisiti di sicurezza tecnica, privacy dei dati e interoperabilità possono essere inserite in una piattaforma e, se hanno studi di efficacia e costo-efficacia in corso o completati, possono essere rimborsabili.

Anche il Regno Unito ha sviluppato standard per le tecnologie digitali con il suo Evidence Standards Framework del National Institute for Health and Care Excellence (NICE). Nel 2021, con il Digital Technology Assessment Criteria (DTAC), ha definito un processo di valutazione che le tecnologie di salute digitale devono rispettare per poter essere prese in considerazione per l’utilizzo e la rimborsabilità nel contesto del National Health Service (NHS).

La Germania, nel 2019, ha introdotto un’ordinanza che delinea i criteri di valutazione, accesso e rimborso per le applicazioni di sanità digitale certificate come dispositivi medici (Digitalen Gesundheitsanwendungen, DiGA).

Similmente, la Francia ha riconosciuto nel 2023 la natura digitale di un sottogruppo di dispositivi medici, definendoli Dispostivi Medici Digitali (Dispositifs Médicaux Numériques, DMN).

DTx in Italia: occorre garantirne l’equità di accesso

Tuttavia, nonostante il crescente riconoscimento delle terapie digitali, rimane un importante ostacolo: l’accesso equo. In molti Paesi, compresa l’Italia, mancano criteri di valutazione, accesso e rimborso idonei ai dispositivi medici di natura digitale che possano permettere un accesso equo e regolamentato anche nel contesto del Servizio Sanitario Nazionale.

È quindi fondamentale definire una “via” italiana che garantisca l’equità di accesso alle terapie digitali. Questo richiederà il coinvolgimento del Ministero della Salute, di Agenas, dell’intergruppo parlamentare per la sanità digitale e le terapie digitali, e di tutti gli stakeholder. Sarà altrettanto importante agire su barriere e fattori abilitanti per garantire un’adozione e messa a sistema delle DTx nel contesto del SSN.

Terapie digitali: cosa ne pensano medici e aziende Life Science

“Nonostante in Italia non sia ancora chiara la loro configurazione sul piano normativo, il 58% dei medici specialisti ritiene che le terapie digitali avranno un impatto elevato sulla pratica clinica”.

È quanto emerso da una recente ricerca dell’Osservatorio Life Science Innovation del Politecnico di Milano.

“Dalla ricerca sui pazienti cronici o con malattie gravi di lunga durata – si legge nella nota di presentazione dei risultati – emerge che 7 pazienti su 10 sarebbero propensi a utilizzare le terapie digitali se proposte dal medico curante per il trattamento della propria patologia. Tuttavia, metà dei pazienti non sarebbe disposto a pagare di tasca propria per queste soluzioni.

9 aziende su 10 del settore Life Science coinvolte nella ricerca condotta considerano l’assenza di rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale l’ostacolo principale alla sostenibilità finanziaria delle DTx in Italia.
Nel frattempo, un terzo delle aziende Life Science italiane sta già investendo in questo ambito. E la maggior parte ritiene che offrire una terapia digitale in combinazione con altri prodotti e servizi, ad esempio con un dispositivo indossabile per la raccolta di parametri clinici, sia il modello di business più sostenibile per remunerarle in assenza di rimborsabilità”.

I principali campi di applicazione delle DTx

Nella suddetta ricerca, l’Osservatorio ha censito 62 terapie digitali attualmente in commercio a livello internazionale.
Il 47% di esse riguarda l’area psichiatrica per la gestione di ansia e dipendenze, l’11% lendocrinologia per obesità o diabete e il 10% la reumatologia per il trattamento del dolore cronico. Il 25% delle terapie digitali, invece, si riferiscono a un trattamento farmacologico, generalmente con l’obiettivo di aumentarne efficacia e aderenza.

Un futuro promettente, ma con alcune sfide aperte

“Le terapie digitali rappresentano un ambito promettente, soprattutto nel medio-lungo periodo, ma con alcune sfide aperte per la loro piena diffusione – dichiara Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Life Science Innovation – nella nota di presentazione dei risultati della suddetta ricerca -. Oltre agli aspetti regolatori legati all’approvazione e al rimborso delle DTx in Italia, sarà poi importante integrarle nei processi di cura, ma anche informare e formare pazienti e professionisti sanitari affinché possano comprenderne i benefici e le limitazioni.
Infine, sarà necessario ripensare i modelli di business tradizionali in modo innovativo, ad esempio mediante un approccio platform-based, che consenta di identificare i vari attori coinvolti nell’erogazione del servizio e i rispettivi scambi di valore”.

L’Intergruppo Parlamentare “Sanità Digitale e Terapie Digitali”

Il 18 luglio 2023, presso la Camera dei Deputati, si è svolto il primo incontro del Comitato Tecnico Scientifico “Intergruppo Parlamentare Sanità Digitale e Terapie Digitali” .
Compito del CTS – sottolinea Eugenio Santoro – che fa parte di tale Intergruppo – “è supportare dal punto di vista tecnico scientifico la nuova legge sulla sanità digitale e le terapie digitali in Italia proposta dall’On. Simona Loizzo.
Il lavoro è lungo – sottolinea Santoro – e speriamo fruttuoso, con tanti ostacoli da superare. Per esempio: quale livello di evidenza scientifica deve essere necessario per pensare al rimborso di una terapia digitale o a uno strumento di digital medicine?“.


Aggiornamento: Luglio 2024 (Redazione Healthtech360)

Le terapie digitali si confermano un ambito di innovazione rilevante nel panorama mondiale.
È quanto emerge dall’ Osservatorio Life Science Innovation del Politecnico di Milano che, nella sua ricerca, a livello internazionale ne ha censite 93 già presenti, di cui:

  • il 37% nell’area della Psichiatria;
  • il 14% nell’Endocrinologia;
  • il 10% nella Reumatologia;
  • il 10% nell’Oncologia.

Terapie digitali: il modello di business

Il modello di business più adottato – si legge in una nota dell’Osservatorio – è di tipo B2B e prevede il rimborso della DTx da parte di un’assicurazione a seguito della prescrizione da parte del medico.

Il prezzo medio proposto dal produttore di una terapia digitale è poco più di 500 euro per un ciclo di trattamento della durata di 90 giorni, con un aumento di circa il 10% rispetto a quanto rilevato nel 2023.

Le aziende italiane pagano il contesto di incertezza dovuto all’assenza di una normativa specifica

In Italia non esiste ancora una normativa di riferimento specifica.

A giugno 2023, però, è stata presentata una proposta di legge che mira a definire gli ambiti d’uso per le DTx e istituire organi per la valutazione e il monitoraggio delle soluzioni.

In un contesto di incertezza, solo il 18% delle aziende dell’offerta ha già avviato sperimentazioni per il mercato italiano e un altro 27% è interessato a farlo.

Per 8 aziende dell’offerta su 10 l’assenza di un quadro normativo specifico a livello nazionale rappresenta la principale barriera allo sviluppo. A seguire, per oltre 7 aziende su 10, l’impossibilità di rimborsare le DTx.

Terapie digitali in Italia: cosa fare per favorirne la diffusione

“Per favorire la diffusione delle terapie digitali in Italia, una volta che sarà possibile utilizzarle nel nostro Paese, bisognerebbe coinvolgere già ora pazienti e professionisti sanitari – spiega Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Life Science Innovation -.

È importante avviare sperimentazioni che consentano di comprendere e misurare i benefici e gli impatti sulla salute dei pazienti, sull’attività del medico e sull’intero sistema sanitario, completando le informazioni offerte dagli studi di Health Technology Assessment (HTA) sulle terapie digitali che continuano a trascurare la valutazione dell’impatto organizzativo, che è effettuata in circa uno studio su dieci”.

DTx in Italia: cosa ne pensano aziende sanitarie, medici e pazienti

Per il 55% delle aziende sanitarie, le terapie digitali avranno un impatto rilevante, in un orizzonte di circa 5 anni.

In questo ambito, i pazienti italiani sono fortemente interessati: dalla ricerca dell’Osservatorio emerge che il 65% sarebbe disposto a utilizzare una terapia digitale proposta dal medico curante, in particolare se consentisse di migliorare lo stile di vita e lo stato di salute (77%) e di avere maggior consapevolezza della propria patologia (72%). Ma per i pazienti è fondamentale che risponda alle proprie esigenze specifiche (71%) e migliori la relazione con il medico curante (70%).

Circa metà dei medici specialisti e dei medici di medicina generale coinvolti nella ricerca sarebbe disposta a prescrivere una DTx se ne avesse la possibilità, soprattutto se certi che il paziente possegga le competenze digitali per un corretto utilizzo (72% dei medici specialisti e 69% dei MMG).
Tra i principali benefici riconosciuti dai medici specialisti, emerge la possibilità di avere a disposizione un maggior numero di dati a supporto sia della ricerca clinica (68%) che per prendere decisioni (65%).


Sull’argomento delle Terapie Digitali, leggi anche:

Terapie digitali: prescrizione e rimborsabilità. A che punto siamo?
Terapie digitali in Italia: ecco perché non decollano

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