Lo spunto arriva dalla notizia che, il 30 Ottobre 2023, il Consiglio dei Ministri ha approvato il nuovo regolamento del Ministero della Salute pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 295 del 19 dicembre 2023 che prevede la soppressione anche della direzione dei sistemi informativi, ora affidate al Dipartimento dell’amministrazione generale, delle risorse umane e del bilancio e, in particolare, all’Unità di missione di livello dirigenziale generale per l’attuazione degli interventi del Piano Nazionale di Ripresa e di Resilienza.
Questa notizia, purtroppo, conferma che, probabilmente, nel nostro Paese non abbiamo compreso a pieno il ruolo e le responsabilità di chi si occupa di Information Technology in una Azienda Sanitaria.
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Sistemi Informativi e responsabilità delle informazioni
La descrizione lunga (Information Technology) appena utilizzata permette di sottolineare la parola “Information”, essenziale nel ragionamento che segue.
Chi ha responsabilità dei Sistemi Informativi è principalmente responsabile delle informazioni che i sistemi contengono e, quindi, dell’affidabilità, della resilienza e della relativa distribuzione e aggregazione per i diversi soggetti aziendali.
Le tecnologie che permettono alle informazioni di essere trattate, distribuite e presentate in modo opportuno ai diversi soggetti sono un mezzo, uno strumento (oggi estremamente evoluto) ma non il fine della funzione.
Senza le tecnologie, allo stato dell’arte non si possono fornire i servizi agli utenti, ma il punto di partenza dell’Information Technology deve necessariamente essere basato sui servizi e le informazioni.
La percezione del ruolo del CIO in Sanità
Purtroppo, la percezione diffusa che si ha in un Ospedale dell’IT Manager è di “quello che ripara i PC”, fatto che ho personalmente rilevato anche in una mia recente esperienza di volontario per una ONG in una struttura ospedaliera in Africa e che so essere una percezione condivisa da chi ricopre questo ruolo in una struttura sanitaria.
Negli altri Paesi (e, purtroppo, solo in davvero pochi ospedali italiani) il ruolo è definito come Chief Information Officier (CIO), che si può tradurre in italiano corrente in Direttore delle Informazioni, sì informazioni, non Sistemi Informativi.
I CIO in questo settore sono così pochi che non credo sia una coincidenza il fatto che – all’ultimo AUSED CIO Summit di Lazise, a settembre 2023 – fra i partecipanti non ci fosse nessuno a rappresentare la Sanità.
Il CIO in settori diversi dalla Sanità
Spesso, nei miei ragionamenti e nella progettazione dell’innovazione in sanità, prendo a riferimento le esperienze di altri settori merceologici in quanto hanno già realizzato, provato, sbagliato e modificato l’uso del digitale nei propri processi.
Per usare un esempio molto comune e molto diffuso che consente di chiarire questi concetti, una app di Mobile Banking viene progettata per fornire al cittadino informazioni sul proprio conto corrente, consentirgli di fare operazioni senza recarsi in filiale, ma esattamente come se fosse in filiale. La tecnologia, in questo caso, ha aiutato a rendere più semplice, fruibile e sicura l’interazione fra correntista e banca. Gli Istituti Finanziari usano la app come elemento strategico di relazione con il cliente, quindi, affidano al CIO l’incarico di realizzare un servizio che ha obiettivi ben più ampi, tanto che sono necessarie metodiche di Service Design per la sua progettazione.
La più grossa rete di distribuzione petrolifera italiana ha rivoluzionato l’approccio alla stazione di servizio sulla base di un importante progetto di Service Design dove è stato coinvolto anche un Lab di MIT, creando un ecosistema “phygital” dove i servizi basati su tecnologie sono “meshed” con l’intervento umano. Uno senza l’altro non fornisce il risultato. La progettazione è stata affidata al CIO che, con il proprio personale e quello di altre direzioni, ha costruito un servizio di successo in continua evoluzione.
CIO in Sanità: la necessità di un ruolo paritetico con le altre Direzioni
Tornando al nostro terreno di gioco, il PNRR finanzia alla sanità miliardi di euro per la sua digitalizzazione ma, paradossalmente, ne declassa la funzione di governo.
Viene da chiedersi se sia così chiaro il significato di digitalizzazione.
Dato che – a questo punto – non ne sono così sicuro, uso una definizione cardine nelle mie lezioni in Università: “Circolazione di tutte le informazioni cliniche, mediche e socio-sanitarie in formato digitale attraverso servizi ed infrastrutture veloci, capillari, sicure e resilienti“.
Digitalizzare non è solo comperare PC, tablet, software e carrelli informatizzati: di sicuro servono, ma non può essere il principale compito ed il principale obiettivo dei Sistemi Informativi.
Quindi – se conveniamo sulle precedenti definizioni – ci rendiamo subito conto che la professione del Direttore Sistemi Informativi o CIO non può essere relegata ad un ruolo secondario o terziario a riporto della Direzione Amministrativa o Direzione Risorse Umane (credo sia il 90% dei casi) ma è necessario che abbia un ruolo paritetico alle altre Direzioni, partecipando ai Comitati di Direzione, riportando al Direttore Generale (o AD) in quanto funzione trasversale, strategica, di supporto, governo e gestione dell’azienda.
Sono cosciente che questo non è previsto dal modello di governo delle strutture sanitarie pubbliche, ma siamo in un momento di trasformazione del Paese, quindi perché non pensare ad un percorso che consenta di creare un modello che coinvolga anche questa figura nella direzione aziendale?
Le competenze necessarie al CIO in Sanità
Avendo ricoperto in passato questo ruolo in un Gruppo Ospedaliero privato accreditato italiano, posso affermare che un CIO deve avere competenze di management, strategia, negoziazione, organizzazione, processi, data governance, “adoption”, finanza, tecnologia, quindi non può essere una posizione solo di natura tecnica.
Il ruolo della Direzione dei Sistemi Informativi dovrebbe essere percepito come l’abilitatore della trasformazione verso il digitale, consentendo di intervenire nelle decisioni, nell’attivare la revisione dei processi aziendali ed accompagnando (da qui la necessità delle competenze di “adoption”) gli operatori sanitari a comprendere come usare i servizi digitali e come questi possono diventare un aiuto fondamentale ed un fattore di efficienza nell’esercizio della pratica clinica e medica.
Comprensibile, quindi, non affidare a un puro tecnocrate un ruolo così importante e così variegato nelle competenze, incomprensibile – invece – adottare misure organizzative in contrasto con l’onda di rinnovamento che stiamo vivendo in questo periodo.
Da IT Manager a CIO: il percorso evolutivo
Un profilo come quello del CIO in Sanità richiede delle competenze e delle capacità che – per il ruolo e per il percorso formativo assegnati sino ad ora agli IT Manager – non possiamo dare per scontato di trovare negli individui.
Nel PNRR Missione 6 Salute C2, sono destinati 740 milioni allo “Sviluppo delle competenze tecnico-professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario” con progetti formativi manageriali per 2000 partecipanti; quindi, ci sono i fondi, ci sono tante strutture di formazione molto qualificate, per iniziare un auspicabile piano di sviluppo delle competenze degli IT Manager a CIO, con il relativo percorso evolutivo nella direzione aziendale.
IT e Ingegneria Clinica sembrano mondi separati
In una struttura sanitaria, specialmente in un Ospedale, ho compreso che la digitalizzazione – oltre alla tematica di competenza dell’Information Technology – comprende anche le tematiche di Ingegneria Clinica. I sistemi di diagnostica ed i device medicali in genere sono ormai connessi e contengono veri e propri computer (in diverse forme), spesso e volentieri con sistemi operativi tipici dell’ambiente PC.
Il mondo dell’IT e quello dell’Ingegneria Clinica vivono da sempre separati, quasi come se i due argomenti fossero distanti anni luce uno dall’altro.
Francamente, non ho capito chi abbia iniziato, ma è certo che – fra le strutture – c’è sempre poca proattività e poca collaborazione, con il risultato della duplicazione delle competenze e dell’inefficienza organizzativa.
Analizziamo, ad esempio, il journey in un reparto di Radiologia “pesante” con alcune TAC e RM. Una volta installato, collegato e calibrato l’apparato, le immagini attraverso una rete veloce vengono memorizzate in server specifici per la refertazione, che avviene su workstation con monitor ad altissima definizione e memorizzate in un sistema RIS/PACS (qui messi insieme per semplicità). Il referto e le immagini vengono rese disponibili sulla cartella clinica elettronica per la consultazione dei medici o depositate su un portale temporaneo per il download da parte del paziente ed inviate al Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0.
Gli apparati di radiologia sono molto complessi, le componenti informatiche che integrano i servizi sono altrettanto complesse. Se qualcosa non funziona nel processo appena descritto, bisogna parlare con entrambe le funzioni che, molto probabilmente, ognuna dal canto proprio, ci risponderanno: “non credo sia un problema mio”. Il sorriso viene naturale…
Ripensare i modelli organizzativi della trasformazione digitale in Sanità
Nella sostanza, oggi è francamente difficile capire quale sia la linea di demarcazione fra i due mondi. Sicuramente, è molto sottile, così sottile da pensare ad un modello organizzativo che integri le due funzioni in un’unica struttura con competenze condivise trasversali e competenze verticali.
Negli USA, questo modello è già operativo da tempo e fornisce ottimi risultati sia operativi che di progettualità. Sono stato testimone di questa integrazione dove svolgevo la mansione di CIO, ne conosco una seconda realizzazione in un grande ospedale italiano. Poche per essere considerate un modello di riferimento, ma entrambe hanno dato i risultati attesi: grande efficienza, una sorprendente collaborazione, gestione operativa efficace.
Quelli appena esposti sono i “miei due cents” di contributo all’accompagnamento della trasformazione digitale della Sanità, spunti di riflessione per pensare a modelli organizzativi diversi, perché diverso è – e sarà sempre più – il contesto da governare.