“Non riusciamo a fare benzina e a pagare le bollette e questi parlano di ambiente e sostenibilità”.
O anche: “Andiamo al Pronto Soccorso e non ci guarda in faccia nessuno per ore e questi parlano di Sanità Digitale”.
Sono le tipiche frasi che ci capita di ascoltare nei bar o nel chiacchiericcio di quartiere. Indice di un evidente scollamento tra cittadini e istituzioni, i cui rappresentanti sono etichettati come “questi”. Palesando ed enfatizzando una distanza tra le parti che c’è, eccome se c’è, ma che a volte appare addirittura siderale, forse ancor più di quanto non lo sia nella realtà. E che potrebbe essere ridotta se solo la mano destra sapesse cosa sta facendo la sinistra. E perché. Per poi collaborare al raggiungimento di un fine condiviso.
Già. Perché se i cittadini (mediante le Organizzazioni che le rappresentano) entrassero di più nei processi decisionali delle istituzioni, probabilmente si accorgerebbero che le bollette sarebbero oggi meno pesanti se avessimo affrontato per tempo e con responsabilità il processo d’innovazione che ci avrebbe dovuto rendere indipendenti (o meno dipendenti) dall’importazione di energia dagli altri Stati (leggi politiche per l’ambiente e la sostenibilità) e che, altrettanto probabilmente, avremmo annullato (o limitato) le code e le liste d’attesa nei Pronto Soccorso e negli ospedali se l’Accoglienza Digitale – che tra i suoi vantaggi ha anche quello di assegnare le giuste priorità alle diverse tipologie di prestazioni sanitarie – non fosse ancora una mosca bianca della Digital Health relegata a qualche azienda sanitaria di buona volontà.
Occorre ridurre la distanza tra istituzioni e cittadini, rendendo questi ultimi parte attiva dei processi decisionali del progresso scientifico e tecnologico e dei relativi percorsi d’innovazione e trasformazione digitale del nostro Paese.
La buona notizia è che, finalmente, qualcosa d’importante in tal senso sembra muoversi. E su più fronti.
Indice degli argomenti
Sanità partecipata: l’iniziativa del Ministero della Salute
“Oggi è un giorno importante. Viene pubblicato l’atto di indirizzo sulla partecipazione dei pazienti e dei cittadini nella costruzione e nella implementazione delle politiche promosse dal Ministero della Salute. È la prima volta che accade ad un Ministero, non solo della Salute, di avere uno strumento di questo genere”.
È così che Antonio Gaudioso – (da poco ex) capo della Segreteria Tecnica del Ministro della Salute – ha commentato il recente atto di indirizzo riguardante le modalità di partecipazione ai processi decisionali del Ministero della Salute da parte delle associazioni od organizzazioni dei cittadini e dei pazienti impegnate su tematiche sanitarie.
Ma come parteciperanno cittadini e associazioni?
Con il termine di partecipazione si intende – nell’atto di indirizzo pubblicato dal Ministero della Salute – un processo articolato, che si può sviluppare con diverse modalità e in differenti momenti, tramite il quale gli Enti vengono coinvolti, tenendo conto della loro esperienza, competenza e capacità di impatto, sui diversi settori delle politiche sanitarie, negli specifici percorsi istituzionali di competenza del Ministero della Salute.
Quest’ultimo chiarisce come tale processo possa realizzarsi tramite inserimento di Rappresentanti degli Enti all’interno di tavoli, osservatori, gruppi di lavoro, a seconda dell’oggetto specifico e dei percorsi istituzionali specificamente attivati dall’Amministrazione.
Le Associazioni di pazienti parte attiva delle politiche sanitarie
Certamente una buona notizia, quella dell’apertura del Ministero della Salute alla partecipazione dei cittadini, alla quale fa il paio la recente edizione del Patient Advocacy Network organizzato dall’Alta Scuola di Economia e Management dei sistemi sanitari (ALTEMS) dell’Università Cattolica.
L’iniziativa – si legge in una nota – nasce con l’obiettivo di coinvolgere le Associazioni di pazienti, attive in diverse aree, per promuovere la formazione e il confronto su temi strategici nell’agenda sanitaria del nostro Paese, contribuendo a rafforzare il loro ruolo di advocacy nei confronti di istituzioni e decisori.
In Europa, infatti – precisa la nota – si stanno moltiplicando iniziative come tavoli, consultazioni, gruppi di lavoro che, nelle diverse tematiche relative alle politiche sanitarie, prevedono la partecipazione delle Associazioni di pazienti nell’ambito della Commissione, del Consiglio, del Parlamento europeo e nelle politiche regolatorie di EMA. Le Associazioni potranno così approfondire i modelli di partecipazione presenti in Europa e confrontarsi sull’evoluzione dello scenario del nostro Paese, a livello nazionale e regionale.
“Il dato significativo – sottolinea riguardo al corso organizzato da ALTEMS su queste tematiche Teresa Petrangolini, direttore del Patient Advocacy Lab di ALTEMS – è un’ampia presenza di rappresentanze civiche e ciò dimostra una grande fame di conoscenza, di condivisione delle esperienze, di strumenti di azione per essere voce e parte attiva nelle politiche sanitarie. Dialogheremo con autorevoli docenti ed interlocutori, ma sperimenteremo insieme le pratiche e le metodologie più funzionali a svolgere un ruolo partecipativo, funzionale alla tutela dei diritti dei pazienti, soprattutto all’indomani della firma dell’atto di indirizzo sulla partecipazione da parte del Ministero della Salute”.
La Citizen Science per orientare l’innovazione verso il bene comune
Ben vengano, allora, tutte le iniziative – ispirate al modello della Citizen Science – di coinvolgimento della società nei processi decisionali delle istituzioni. In un contesto in cui, infatti, occorre costruire valore anche attraverso il corretto utilizzo dei fondi del PNRR, tale iniziative sono utili, se non indispensabili, per direzionare e orientare verso un bene comune e condiviso le scelte e le strategie che guidano il progresso scientifico e tecnologico e i percorsi d’innovazione e trasformazione digitale del nostro Paese.
Ancor più quando tali scelte e strategie riguardano le politiche sanitarie, impattando direttamente, quindi, sul futuro della nostra Salute.
E – in tal senso – un’altra buona notizia è che ISS e Ministero della Salute sembrano aver imboccato con decisione la strada della Sanità partecipata e della “Scienza dei cittadini”.
È un esempio di ciò il progetto “Scienza partecipata per il miglioramento della qualità di vita delle persone con malattie rare”, coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’Istituto Superiore di Sanità e finanziato dal Ministero della Salute.
Tale progetto – il cui bando ha preso il via lo scorso luglio – si ispira al modello della Scienza partecipata e mira a far collaborare cittadini, ricercatori, scuole, associazioni e istituzioni per raccogliere e condividere idee e progetti al servizio delle persone con malattia rara.
“La Citizen Science rappresenta una grande opportunità per coinvolgere la società a partecipare attivamente al bene comune – afferma Silvio Brusaferro, Presidente dell’ISS – in un contesto oltretutto facilitato dal maggior accesso alle informazioni scientifiche e agli strumenti digitali. Un progetto caratterizzato dalla collaborazione tra la società civile da una parte e le istituzioni dall’altra, laddove sono i membri della prima, spesso pazienti essi stessi o persone comunque ‘in campo’, a pensare e a sviluppare soluzioni, e le seconde a farli conoscere, a condividerli su un’apposita piattaforma, a metterli a disposizione di tutti. In una sorta di circolo virtuoso, in cui una soluzione calibrata su una specifica patologia può essere utile anche a persone che si trovano in condizioni simili”.
“Crediamo nella forza dirompente della Citizen Science – dichiara Domenica Taruscio, Direttrice del Centro Nazionale Malattie Rare dell’ISS – per abbattere le barriere e superare i limiti dei silos, ossia di quel modo di concepire la Scienza come un campo in cui le specifiche competenze non avrebbero necessità di una continua interazione e scambio con altri settori, coinvolgendo invece più cittadini possibile a comprendere le difficoltà e, quindi, a co-progettare possibili soluzioni”.
Tutte iniziative – ci auguriamo con un seguito concreto – che aspirano a ridurre la distanza tra istituzioni e cittadini, portando a collaborare sullo stesso tavolo chi ha il dovere di direzionare l’innovazione e chi ha il diritto a coglierne i reali benefici.